La dottoressa Michela Pensavalli, psicologa e psicoterapeuta del
team che gestisce il servizio di supporto alle vittime di
cyberbullismo “Off4aday" attraverso il numero verde gratuito 393.300.90.90, spiega alla giornalista Silvia Morosi, come questo fenomeno di emergenza sociale che sta dilagando negli ultimi tempi, sia ancora piuttosto sommerso, spesso nascosto, per vergogna, per
paura delle ritorsioni ancor più forti, e di cui sono vittime sia adulti che bambini.
Cyberbullismo, la violenza è online
Se i minori sono vittime di coetanei
Il centro di supporto del Moige contro gli
atti di intimidazione e violenza morale con strumenti telematici.
Pensavalli: "Un fenomeno di cui si parla meno rispetto al bullismo ma
una delle problematiche che affligge il nostro tempo. Noi genitori,
tante volte, ignoriamo i segnali che ci vengono inviati dai nostri
figli"
di Silvia Morosi
Gli episodi di bullismo tra ragazzi non riguardano più solo la pausa di ricreazione. Sempre più spesso i soprusi succedono anche nello spazio virtuale dei media digitali usati per diffondere, tramite Internet o cellulare, messaggi, immagini o filmati spregevoli e diffamatori. Le vite online influenzano anche il modo di comportarsi dei ragazzi offline, e questo elemento ha diverse ricadute che devono essere prese in considerazione per comprendere a fondo il cyberbullismo. «Un fenomeno piuttosto sommerso, spesso nascosto, per vergogna, per paura delle ritorsioni ancor più forti. Vittime del cyber sopruso possono essere sia gli adulti che bambini», spiega la dottoressa Michela Pensavalli, Psicologa e Psicoterapeuta del team che gestisce il servizio di supporto alle vittime di cyber-bullismo. Il progetto di prevenzione ed informazione sul cyber bullismo “Off4aday” — lanciato da Samsung e Moige, con il patrocinio della Polizia di Stato — parla il linguaggio dei giovani, che si rivolgono al numero verde gratuito 393.300.90.90 (utilizzando i principali strumenti di messaggistica) per richiedere aiuto, avere informazioni o cercare sostegno in situazioni difficili. «Mettersi in ascolto di chi non ha il coraggio di denunciare per paura del giudizio, dell’esacerbarsi della situazione o peggio ancora perché pensa di non poter essere compreso o creduto, è un dovere del popolo degli adulti, immigrati digitali, che spesso sono meno competenti dei giovani nell’utilizzo delle nuove tecnologie ma sono chiamati, nonostante tutto, al compito pedagogico ed educativo», aggiunge Pensavalli.
Bullismo, cyberbulli e «dimensione online»
Quando si parla di cyber bullismo si fa riferimento a prepotenze virtuali che possono essere persino in continuità o aggiuntive alle offese offline, da differenziarsi da un semplice scherzo o un litigio. «Attraverso lo schermo il cyber bullo si pone in un evidente squilibrio di forze: ha il potere, perché protetto dall’anonimato, di insistere sulla vittima con intenzione di lederla», aggiunge la Dottoressa. Il potere si rafforza perché l’offesa o la persecuzione si propaga e gira nella rete in ogni istante e può raggiungere una platea illimitata di visualizzatori, che non conoscono la vittima. «Ciò rende difficoltoso individuare luoghi e tempi in cui tali dinamiche relazionali avvengono, con la conseguenza che il fenomeno appare meno riconoscibile e di più difficile gestione e contrasto, sia per gli organi competenti ma anche per le famiglie delle vittime», spiega Pensavalli. Nel bullismo tradizionale in genere la vittima e il bullo sono persone che si conoscono, che si frequentano nella stessa scuola. Hanno avuto almeno qualche contatto relazionale. Nel bullismo elettronico invece le persone possono anche essere sconosciute. L’empatia che è il sentimento pro sociale fondamentale per essere soggetti relazionalmente attivi, si va perdendo quando di fronte a noi c’è uno schermo e le reazioni, i sentimenti, i bisogni dell’altro ci sono negati o si confondono, restano ambigui, sfocati. La “dimensione online” slatentizza comportamenti e gesti che nella realtà risulterebbero più oculati, pensati, magari evitati.
Una nuova forma di disagio adolescenziale
Il cyber bullismo ha già un adeguato riconoscimento a livello sociale. Basti pensare ai numeri che purtroppo sono in netta ascesa: i dati italiani mostrano come l’incidenza del fenomeno nel nostro paese sia in linea con il panorama internazionale. Prendendo in considerazione un campione di 2000 studenti di età compresa tra i 12 e i 17 anni, il 25 per cento ha dichiarato di essere stato vittima di cyber bullismo negli ultimi due mesi. Sono dati allarmanti che certamente possono diventare anche molto seri e che non vanno sottovalutati perché riguardano o hanno riguardato in qualche modo quasi un terzo dei ragazzi di oggi. Elementi da osservare da parte della famiglia sono: cambi di umore improvvisi, disturbi emotivi, problemi di salute fisica, dolori addominali, disturbi del sonno, nervosismo e ansia. Nei casi più disperati queste persone decidono pure di togliersi la vita, per effetto dell’idea intrusiva, ossessiva di non poter gestire, arginare, eliminare dalla realtà l’offesa ricevuta. Il 31 per cento dei tredicenni, percentuale che sale al 35 per cento quando si tratta di ragazzine, dichiara di aver subito una o più volte atti di cyberbullismo. Il 56 per cento, poi, dichiara di aver e un amico che è stato vittima di attacchi online. Sui social network, la percentuale dei protagonisti degli episodi sale dal 31 al 45 per cento.
La prevenzione del fenomeno
E’ fondamentale che la scuola e la famiglia aiutino i ragazzi a sviluppare una consapevolezza sul fenomeno del bullismo e del cyber bullismo e aiutino a non sottovalutare gli effetti negativi che ne conseguono. «Le famiglie sono spesso disorientate di fronte alle richieste dei ragazzi, spaventate, vergognose o peggio ancora si auto-attribuiscono la colpa delle azioni», racconta Pensavalli. La scuola, gli adulti sono chiamati a educare, più che a istruire: potenziando le abilità sociali con particolare attenzione alla consapevolezza emotiva e all’empatia. «Un’attenzione particolare va data all’alfabetizzazione emozionale: è importante — infatti — far lavorare in gruppi per aiutare il confronto, la capacità di problem solving relazionale e la cooperazione», sottolinea la Dottoressa.
Il ruolo di scuola e genitori
Parole d’ordine sono attenzione ed entusiasmo, rivolte alla crescita emotiva, e non soltanto cognitiva degli allievi. Gli adulti devono cercare nella quotidianità di avere un occhio attento ai propri figli, vigilare sul comportamento dei ragazzi dopo la navigazione in internet o dopo l’uso cospicuo del telefonino e del computer presente in casa (uso eccessivo di Internet anche fino a notte fonda). Dovranno aiutarli a riflettere sul fatto che, anche se non vedono la reazione delle persone a cui inviano messaggi o video, esse possono soffrire o subire violenza. Nei casi di persecuzione online è infatti la dimensione della socialità a risentirne. Un esempio? «Quando un ragazzo si rifiuta di parlare di ciò che fa online, quando utilizza Internet fino a tarda notte, quando ha un calo dei voti scolastici oppure è turbato dopo aver utilizzato Internet», evidenzia Pensavalli. Le vittime frequentemente sviluppano un’autostima bassa, depressione, ansia, paure, problemi di rendimento scolastico e interrompono per tali motivi la frequentazione della scuola o del gruppo di amici.
Cosa spinge dei ragazzini a prendere di mira un coetaneo ?
Il profilo psicologico del cyber bullo mette in luce una mania del controllo, attraverso il quale egli tenta di mettersi in mostra: è uno sgrammaticato sociale, non conosce le regole del viver comune e dello stare in contatto con le persone. «E’ una persona immatura dal punto di vista affettivo, che presenta un’incapacità di gestione delle emozioni autocoscienti come il senso di colpa o la vergogna», analizza Pensavalli. È facile attirare la sua attenzione se ci si veste in modo insolito, se si ha un colore della pelle diverso o — anche — se si è la più graziosa della classe. Nei criteri di elezione della vittima infatti, la “diversità”, nelle sue varie declinazioni, gioca un ruolo non secondario, insieme all’orientamento politico o religioso. In genere compie azioni di prepotenza per ottenere popolarità all’interno di un gruppo, per divertimento o semplicemente per noia.
Aiutare i ragazzi a denunciare il problema
Per i ragazzi è importante sentire che la soluzione può risiedere anche solo nel fatto di accogliere una richiesta di aiuto senza spaventarsi ed entrare in eccessiva risonanza, tra eccessi di iper protezionismo o allarmismo. Il servizio del Moige, che si avvale di una serie di professionisti, dal terapeuta alla Polizia Postale, «cerca di aiutare gli utenti, probabili cyber vittime nella definizione del problema, nelle sue possibili soluzioni, dalla segnalazione alle autorità locali competenti, alla richiesta di sostegno da parte di uno specialista, fino ad arrivare ad eventuali azioni legali quando la situazione è gravosa e persistente», conclude Pensavalli.