Itci - Istituto di Terapia Cognitivo Interpersonale

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martedì 22 gennaio 2013

Corsa alle liste, lo psichiatra avverte: in agguato la sindrome del 'trombato' - Tonino Cantelmi



Adnkronos

C'è chi era sicuro di meritare un posto in lista, ma all'ultimo minuto si ritrova a fare i conti con un'esclusione, e chi ha fatto il bel gesto 'sfilandosi' prima di incassare il cartellino rosso.Via via che si definiscono le liste elettorali, si infoltisce il popolo dei "trombati", politici di lungo corso, volti celebri, peones o nomi nuovi che, nonostante i rumor, si troveranno fuori dalla sfida elettorale. 
Che cos'è - "Si tratta di una 'sindrome' che provoca ripercussioni diverse, in base al tipo di 'trombato'", spiega all'Adnkronos Salute lo psichiatra Tonino Cantelmi, professore di psicologia dello sviluppo alla Lumsa, che tra il serio e il faceto disegna l'identikit degli esclusi dalle liste elettorali. "C'è il vanaglorioso, il tradito, lo snob e il riciclato", dice lo psichiatra. Delle quattro tipologie, l'ultima è l'unica che, per il momento, ce l'ha fatta: si tratta infatti di un politico che, escluso da una lista, è riuscito a infilarsi in quella di un altro schieramento e dunque, per ora, si è salvato. "Questo non è accaduto invece al vanaglorioso: un personaggio che si immaginava più valido, potente o abile di quello che è. La 'bocciatura' lo costringerà a riprendere contatto con la realtà, e non è da escludere che l'esperienza lo porti a cadere in depressione", dice lo psichiatra.
Le altre tipologie - "Il tradito, invece - prosegue Cantelmi - aveva fatto accordi e patti di ferro, intessuto alleanze e creato una rete di rapporti e favori che gli avevano fatto credere di essere 'blindato'. Ecco, l'esclusione in questi casi può scatenare prima una forte rabbia, portando a immaginare ritorsioni e vendette per una decisione 'subita' e vissuta come un'ingiustizia, insieme alla depressione per non avercela fatta". C'e' poi, prosegue Cantelmi, "lo snob, che voleva essere in lista o aveva avuto delle richieste in questo senso. Ma poi, subodorata la mala parata, ha fatto il bel gesto, rinunciando o sfilandosi dalla contesa prima di incassare la 'bocciatura' pubblica". Un atteggiamento che tutela in parte la persona degli effetti di una delusione innegabile e gli consente di 'salvare la faccia', ma che "sicuramente lascia l'amaro in bocca", e che secondo lo psichiatra, ricorda "la storia della volpe e l'uva". Infine c'è il 'riciclato', "che almeno per ora è riuscito a evitare di ritrovarsi fra i trombati, a costo di qualche acrobazia politica e attente trattative.
Mancanza di criteri per le liste - Il problema è che stiamo assistendo a una mancanza di criteri certi e condivisi per la messa a punto delle liste - nota lo psichiatra - cosa che moltiplichera' i drammi personali e collettivi in questa fase elettorale. Per dire, la militanza politica non è piu' un criterio valido per tutti, come anche l'appartenenza alla societa' civile o l'assenza di condanne. Una mancanza di paletti che si traduce in una notevole dose di confusione". Occhio poi alle quasi-trombature: e' il caso dei candidati a cui sono stati promessi 'mari e monti', si ritrovano si' in lista, ma non certo in una posizione blindata, anzi sono quasi certi di non farcela. "Ecco, direi che questa è una 'trombatura mascherata", conclude Cantelmi, che puo' suscitare amarezza, ansia e delusione nei malcapitati.

martedì 15 gennaio 2013

La crisi dell’identità nella società postmoderna tecnoliquida - Tonino Cantelmi

E VOI CHE NE PENSATE?? 
LASCIATE QUI IL VOSTRO COMMENTO:
http://notizie.tiscali.it/regioni/lazio/socialnews/Cantelmi/5497/articoli/La-crisi-dell-identit-nella-societ-postmoderna-tecnoliquida.html

di Tonino Cantelmi

Esserci, esserci-con, esserci-per: questa è la “progressione magnifica” che permette di partire da un Io (l’esserci), per passare ad un Tu (l’esserci-con) e infine giungere ad un Noi (l’esserci-per), dimensione ultima e sola che apre alla generatività, alla creatività ed all’oblatività.

Il punto di partenza della “progressione magnifica” è l’esserci, che in ultima analisi richiama all’identità. Nella “cultura del narcisismo”, per usare la definizione di Christopher Lash, anche le espressioni più progressiste dell’identità sono contaminate da una straordinaria enfatizzazione dell’ego, dalla elefantiasi dei bisogni di autoaffermazione e da una sorta di emergenza di uomini e donne “senza qualità”, come direbbe Robert Musil.

Ma cosa vuol dire “esserci” nella società tecnoliquida? Esserci vuol dire rinunciare ad una identità stabile, per entrare nell’unica dimensione possibile: quella della liquidità, ovverossia dell’identità mutevole, difforme, dissociata e continuamente ambigua di chi è e al tempo stesso non è. In fondo la tecnologia digitalica consente all’uomo ed alla donna del terzo millennio di essere senza vincoli, di tecnomediare la relazione senza essere in relazione, di connettersi e di costruire legami liquidi, mutevoli, cangianti e in ogni istante fragili, privi di sostanza e di verifica, pronti ad essere interrotti. Cosicché si è passati dall’uomo-senza-qualità di Musil all’uomo-senza-legami di oggi in una sorta di continuità-sovrapposizione che viene a definire il nuovo orizzonte del tema identitario. Ed ecco che l’esserci è minato alla sua origine. La crisi dell’identità maschile e femminile, per esempio, ne è l’espressione più evidente. L’identità, cioè l’idea che ognuno di noi ha di se stesso e il sentirsi che ognuno di noi sente di se stesso, è dunque in profonda crisi, e il nuovo paradigma è l’ambiguità.

La crisi dell’esserci ha una prima conseguenza. Se all’uomo d’oggi è precluso il raggiungimento di una identità stabile, che si articola e si declina nelle varie dimensioni, come in quella psicoaffettiva e sessuale, la conseguenza prima è che l’esserci-con (per esempio la coppia) assume nuove e multiformi manifestazioni. L’esserci-con non è più il reciproco relazionarsi fra identità complementari (maschio-femmina per esempio), sul quale costruire dimensioni progettuali nelle quali si dispiegano legittime attese esistenziali, ma diviene l’occasionale incontro tra bisogni individuali che vanno reciprocamente a soddisfarsi, per un tempo minimo, al di là di impegni reciproci e di progetti che superino l’istante. L’esserci-con è fatalmente legato alla soddisfazione di bisogni individuali che solo occasionalmente e per aspetti parziali corrispondono. In altri termini l’incontro tra due persone è fondamentalmente basato sulla soddisfazione narcisistica, individuale e direi solipsistica di un bisogno che incontra un altro bisogno, altrettanto narcisistico, individuale e solipsistico. Questo incontro si dispiega per un tempo limitato alla soddisfazione dei bisogni e l’emergere di nuovi e contrastanti bisogni determina inevitabilmente la rottura del legame e la ricerca di nuovi incontri. La fragilità dell’essere-con dei nostri tempi si evidenzia attraverso la estrema debolezza dei legami affettivi, che manifestano una ampia instabilità ed una straordinaria conflittualità. Se l’identità è liquida, anche il legame interpersonale è liquido, cangiante, mutevole, individualista e fragile. L’uomo del terzo millennio sembra rinunciare alla possibilità di un futuro e concentrasi sull’unica opzione possibile, quella del presente occasionale, del momento, dell’istante.

Fatalmente, il trionfo dell’ambiguità identitaria, la rinuncia al ruolo ed alla conseguente responsabilità, il ridursi dell’esserci-con all’istante ed al bisogno, fatalmente tutto questo mina l’esserci-per, cioè la dimensione generativa e oblativa dell’uomo e della donna. Per esempio, se decliniamo tutto ciò nell’ambito psicoaffettivo e psicosessuale, la rinuncia all’esserci (identità sessuale e relativi ruoli) non può non trasmettersi in una inevitabile mutazione critica della dimensione coniugale (esserci-con), che a sua volta precipita in una crisi senza speranze la dimensione genitoriale (esserci-per). Ed infatti la transizione al ruolo genitoriale sembra divenire una sorta di utopia: la rinuncia alla genitorialità o il suo semplice rimandarlo nel tempo sono un fenomeno sociale tipico dei nostri tempi. Perciò identità liquide fanno coppie liquide, che a loro volta fanno genitori liquidi, dove per liquido possiamo intendere molte cose, ma una soprattutto, la debolezza del legame.

La “progressione magnifica”, di cui parlavo all’inizio, diviene dunque una progressione “liquida”. Ma il punto di partenza è nell’esserci, ovvero nel tema dell’identità. Nell’epoca di Facebook, l’identità si virtualizza, come anche le emozioni, l’amore e l’amicizia. La virtualizzazione è la forma massima di ambiguità, perché consente il superamento di vincoli e di confronti, aprendo a dimensioni narcisistiche imperiose e prepotenti.

Eppure qualcosa non funziona.

Lo avvertiamo dall’incremento del disagio psichico, dal sempre più pressante senso di smarrimento dell’uomo tecnoliquido, dalla ricerca affannose di vie brevi per la felicità, dall’aumento del consumo di alcol e stupefacenti negli stessi opulenti ragazzi della società di Facebook, dall’affermarsi di una cupa cultura della morte, dall’inquietante incremento dei suicidi, dal malessere diffuso. Qualcosa dunque non funziona: la liquidità dell’identità, con tutte le sue conseguenze, non aumenta il senso di felicità dell’uomo contemporaneo. Alcuni studi sul benessere fanno osservare che la felicità non è correlata con l’incremento delle possibilità di scelta. Questi dati fanno saltare una convinzione che sembrava imbattibile. La felicità dunque non è correlata con l’incremento delle possibili scelte dell’uomo (una visione ovviamente molto legata al capitalismo), ma gli stessi studi correlano la felicità con il possedere invece un “criterio” per scegliere. Avere un criterio per scegliere rimanda ad altro: avere un progetto, delle idee, una identità.

Ed ecco che il cerchio si chiude: il tema della liquidità è sostanzialmente il tema della rinuncia ad avere criteri (cioè dimensioni di senso). Ma questa rinuncia ha un prezzo: l’infelicità. Ecco perché la “magnifica progressione” mantiene anche oggi, e direi soprattutto oggi, un alto valore, proprio per il suo portato anti-liquidità. Costruire dimensioni identitarie stabili e non ambigue, instaurare relazioni solide e che si dispiegano lungo progetti esistenziali che consentono l’apertura alla generatività ed all’oblatività, sono ancora, in ultima analisi, l’unico orizzonte di speranza che si apre per l’uomo del terzo millennio, immerso nel cupo e doloroso paradigma della tecnoliquidità. 

giovedì 10 gennaio 2013

NATIVI DIGITALI - Intervista Radio 24

La dottoressa Michela Pensavalli interviene a Radio 24 per approfondire il tema dei "nativi digitali" e per spiegare come questa nuova generazione tecnoliquida affronterà le prossime campagne elettorali in seguito al massiccio utilizzo degli strumenti di comunicazione virtuali più usati dai giovani di oggi: Twitter e Facebook.


                     



F@miglie nella rete!

                                                    di Marina Berardi
Questo il tema del Capodanno in famiglia 2013. Ormai prossimi al consueto appuntamento, vogliamo che giunga il nostro invito a tutte quelle famiglie che desiderano fare un’esperienza alternativa, piena di @scolto, @ccoglienza e @micizia ma, attraverso queste pagine, vogliamo rendere partecipi del nostro cammino anche quanti non potranno esserci.
Per qualcuno il termine rete indicherebbe il tessere, il cucire ed è quanto noi vorremmo fare, favorendo relazioni familiari e fraterne significative, riscoprendo il gusto di guardarci negli occhi, di stringere una mano, di ascoltare il silenzio, di un sano divertimento, della preghiera insieme. Dal momento che la rete indica un qualcosa fatto a maglie che serve per prendere pesci, uccelli, ecc., mi piace immaginare che ogni famiglia possa essere al tempo stesso una maglia della rete ma anche colei che si lascia catturare da essa, pronta a mettere la propria parte per tessere trame di comunione.
A Collevalenza, in questo roccolo scelto da Dio, dal mese di ottobre, abbiamo ripreso l’esperienza di una domenica al mese "formato famiglia", nel desiderio di dar vita ad una famiglia di famiglie (tante maglie di un’unica rete!) che si lasciano incontrare dall’Amore Misericordioso e annegare nell’abisso del Suo amore, che desiderano fare della Parola la luce che illumina il cammino della ferialitàFolto il gruppo di famiglie dell’Unità pastorale di Collevalenza e dintorni che sono cadute nella rete e che stanno aderendo all’iniziati va tessendo nuove maglie. Diverse sono state le coppie che hanno potuto gioire di un tempo di riflessione, di condivisione, di preghiera e di amicizia.
Tantissimi i bambini che il Signore trasforma in flauti, in richiami per genitori e non. Così come scelto dagli animatori, per loro quest’anno è previsto un percorso speciale alla scoperta della figura di M. Speranza, anche attraverso dei fumetti a tema, magistralmente realizzati da un’animatrice. I bambini sono attentissimi e interessati ai racconti, contenti di essere resi protagonisti e di sapere che… anche "una santa" è stata bambina e, come loro, ha fatto marachelle e ha cercato, fin da piccola, di amare Gesù!
Si sono cimentati, tra l’altro, nel fare il pane, segno di comunione e di condivisione; nell’animare i vespri con la lettura e con altri piccoli gesti. Significativo anche il dono dell’Acqua dell’Amore Misericordioso, del pane e della Parola ai propri genitori, l’essenziale per il cammino o almeno per il passo successivo. Il momento più commovente e profondo è stato, però, vederli inginocchiati ai piedi dell’altare, durante la Benedizione Eucaristica, facendo corona attorno a Gesù, tanto che nei nostri cuori riecheggiavano le sue parole : lasciate che i bambini vengano a me…, a chi è come loro appartiene il regno di Dio!
Il regno di Dio, ci ricorda ancora Gesù, è simile a una rete gettata nel mare, che accoglie tutti, e chi diventa discepolo "del regno di Dio è come un capofamiglia che dal suo tesoro tira fuori cose vecchie e cose nuove" (Mt 13,52).
Anche noi vorremo tirar fuori, con umiltà, gli stracci vecchi e il vestito della festa. Di tutto si può "far tesoro", perché il Padre, nel suo amore e nella sua misericordia, tutto volge al bene, tutto trasforma in grazia. Ciascuno di noi, credo, avrà fatto l’esperienza che trovare "il tesoro" riempie il cuore di gioia, la vita di senso, tanto più quando questo ha richiesto dedizione, sofferenza, sacrificio, umiliazioni. Solo riconoscendo e accogliendo le cose "vecchie" che tutti abbiamo, fragilità, limiti, peccato, ritardi nell’aderire al progetto di Dio, possiamo chiederGli di fare di noi una cosa "nuova" da cui traspaia la comunione, la fraternità, il perdono.
Negli incontri, ho visto coppie accogliere "la Parola di Dio con la gioia che viene dallo Spirito" (1Ts 1,6), ascoltare commosse le testimonianze di vita, guardare fiere i propri figli impegnati nelle diverse proposte, vivere con attenzione il tempo dedicato al dialogo. Questa pesca abbondante ci auguriamo che possa portare frutti di unità e di santità, aprendo spazi di rinnovate scelte evangeliche.
Gesù non si stanca di bussare alla nostra porta, di entrare nella nostra casa o di salire sulla nostra barca per invitarci a prendere il largo e a calare le reti per la pesca, e lo fa proprio quando agli occhi umani tutto sembrerebbe finito, assurdo, illogico e perfino ingiusto visto che, come i discepoli, anche noi tante volte lavoriamo con assiduità ed impegno senza però prendere nulla, viviamo l’amara esperienza di ritrovarci a mani vuote... Ma è proprio da questo gesto di filiale obbedienza e di fiducia, fondato sul nostro niente, che sgorgheranno una gioia sovrabbondante e un grande stupore per una pesca miracolosa, che non è nostra, che non ci appartiene, che supera ogni umano criterio. É solo dalla meraviglia per la gratuità del dono che può nascere il desiderio di seguire il Maestro con maggiore radicalità, ovunque voglia condurci.
Durante il prossimo Capodanno, il nostro prendere il largo ci porterà su nuove rive a cui non solo le famiglie ma anche ognuno di noi, volente o nolente, è chiamato ad ormeggiare. La riflessione e il confronto saranno sull’affettività e le nuove tecnologie, entrate prepotentemente nella nostra quotidianità. Vorremo parlare di uno dei gravi rischi sottolineati dagli addetti ai lavori - tra questi Michela Pensavalli - che "deriva dal ricorso alle tecnologie per stringere relazioni umane". Si assiste, infatti, ad una "dissociazione fra le emozioni che rappresentiamo nella rete e quelle che viviamo nella realtà" e per questo anche Tonino Cantelmi ha ribadito che «le tecnologie sono un mondo che dobbiamo imparare ad abitare» per essere ancora in grado «guardarci negli occhi». È questo l’obiettivo che vorremmo raggiungere!
"I giovani di oggi - prosegue Michela - hanno grandi «difficoltà a riconoscere e a descrivere le emozioni» a causa dei nuovi media che li abituano a «un linguaggio povero e non consentono loro di entrare fino in fondo in una relazione». E oggi che «le tecnologie sono un’estensione di noi stessi», molti altri sono i cambiamenti di natura antropologica da segnalare,… come «l’incapacità di avere una storia duratura, la diffusione di nuovi costumi sessuali, la tendenza ad avere relazioni ambigue o a non accettare i limiti di noi stessi e delle persone che amiamo»".
Con l’autore dell’articolo che rilancia una domanda di Don Mirilli, ci chiediamo: "Ma quale amore conta oggi?". "Un interrogativo che «esige un’unica risposta» in un tempo in cui «è facile con un click dire "mi piace" o "non mi piace" e si vive sull’onda delle sensazioni». L’amore autentico, ha ribadito con forza il presbitero, è quello «oblativo, che si offre, costruisce e progetta e sa fare delle rinunce». Un amore che va testimoniato ai giovani. Dai genitori innanzitutto, «che devono fare vivere ai figli l’esperienza di un amore grande»".
La rete che ogni famiglia è chiamata a tessere anche attraverso la narrazione di sé, la trasmissione dei valori, la coerenza di vita è dunque quella di un amore autentico che cerca il bene dell’altro, senza mai sentirsi sazio nella ricerca della felicità altrui, che getta nell’abisso dell’oblio risentimenti, perdonando di cuore, che sa testimoniare il rap porto misterioso che esiste tra la rinuncia e la gioia, tra il sacrificio e la dilatazione del cuore, che desidera solo servire con l’umiltà di una scopa, che cerca solo quello che Gesù vuole e più gradisce(cf. M. Speranza).
Al di là del mutare dei tempi e delle forme, credo che tutti sarebbero pronti a cliccare "mi piace" su un @more così!
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