Itci - Istituto di Terapia Cognitivo Interpersonale

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lunedì 14 aprile 2014

Docenti di religione alla scoperta dei nativi digitali

Docenti di religione alla scoperta dei nativi digitali 
di Raffaela Pingi

Nell’Auditorium del seminario maggiore, a settembre si è svolto un interessante corso di formazione e aggiornamento sul tema “Nuovi linguaggi e formazione globale della persona”. Il direttore dell’Ufficio Diocesano per la Pastorale Scolastica, don Salvatore Scalpellino, ha introdotto il seminario sottolineando l’importanza per tutti i docenti di aggiornarsi per un impegno concreto, personale e professionale.
La relazione introduttiva di Michela Pensavalli, psicologa e psicoterapeuta, si è incentrata su “Modelli culturali e il contesto storico-sociale: i nativi digitali ed immigrati digitali a confronto. Identità e ambiente costitutivo del nativo digitale”. Occorre porre attenzione alla rivoluzione digitale: la tecnologia, infatti, è diventata un’estensione della mente umana, un mondo che si intreccia con il mondo reale e che determina nuove strutture (cognitiva, emotiva e sociale) dell’esperienza, capace di rideterminare la costruzione dell’identità e delle relazioni. «I nativi digitali - spiega la psicologa - sono nati nel terzo millennio; sottoposti a profonde e precoci immersioni nella tecnologia digitale, vivono in comunità tecnoreferenziate e prevalentemente virtuali, nelle quali costruiscono autonomamente i percorsi del sapere e della conoscenza». Gli ”immigrati digitali” sono gli adulti che hanno dovuto capire e vivere questa digitalità.
La Pensavalli, riferendosi alle ricerche di Bauman, parla di “modernità liquida” dove i legami tra individui tendono a dissiparsi e disgregarsi. La liquefazione produce un individuo afflitto dalla solitudine, disorientato di fronte alla miriade di messaggi che lo invadono ogni giorno. Nella “società liquida” prevalgono una “cultura dell’adesso e della fretta”, una comunicazione virtuale caratterizzata da elevata velocità e un sostanziale anonimato, giochi d’identità, accesso a relazioni multiple, assenza di distinzione tra pubblico e privato, insorgenza di emozioni imprevedibili. In questo contesto la missionarietà verso i giovani consiste nel ritrovare entusiasmo nelle aule di scuola e in famiglia: restare accanto ai ragazzi non demonizzando ma cercando di capire perché necessitano di comunicare attraverso la rete. Bisogna, continua la psicologa, ascoltarli, entrare nei loro mondi, frequentare i loro linguaggi e nel contempo riprendere coscienza della nostra testimonianza ma anche potenziare la sperimentazione di itinerari di rieducazione cristiana da portare nelle associazioni e nelle famiglie.
Il vescovo Gennaro Pascarella ha rivolto una riflessione per tutti i docenti di religione, riferendosi all’anno della fede, che, iniziato l’11 ottobre dell’anno scorso, si è concluso il 24 novembre con la festa di Cristo Re. Monsignor Pascarella ha citato il Vangelo: «Credo, Signore, ma vieni in aiuto alla mia incredulità. Noi credenti facciamo esperienza di non credenza. Il cardinale Martini commentava che la parte di non credente dimora dentro di noi, là dove fede e non fede convivono. Il filosofo Nietzsche ha predicato la morte di Dio senza mai dimostrarne l’inesistenza, ma cosa sarebbe un mondo senza Dio se non vuoto di senso, buio? E’ proprio la fede che dà senso al nostro vivere e morire, un anno importante, dunque, per rinsaldare e rafforzare la propria fede».

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Tra famiglia e scuola
La psicologa Marabella Bruno è intervenuta nel secondo incontro con la relazione “Famiglia post-moderna e nuovi metodi educativi”: la relazione interpersonale, ha affermato, sembra essere sostituita da forme di tecnomediazione. I ragazzi non hanno come riferimento la comunità degli adulti, perché vivono in comunità tecnoreferenziate e prevalentemente virtuali, nelle quali costruiscono autonomamente i percorsi del sapere e delle conoscenze. «L’ambiguità e la fluidità dell’identità calca la crisi della relazione familiare che è la prima struttura di base della nostra società». Spesso si assiste al silenzio degli adulti e allo smarrimento dei figli, definiti “orfani di maestri”. Si pone il problema dell’emergenza educativa nel riscoprire il valore della relazione attraverso la riscoperta del narrare se stessi, la vita della famiglia e della società, trasmettendo valori e visioni dell’esistenza, in un coinvolgimento empatico. Agli adulti si richiede la capacità di essere coerenti e responsabili, di essere significativi ed affascinanti, di poter gestire il vuoto e il silenzio. Nel terzo giorno di corso è intervenuta Claudia Tardugno, psicologa, sul tema “Quale scuola e quale docente di religione cattolica:professionalità e nuove competenze”. I ragazzi riescono, ha affermato, a fare più cose contemporaneamente: studiano mentre ascoltano musica e chattano sui social networks. La scuola oggi ha un compito difficile, la relazione educativa che prende corpo all’interno del sistema scolastico è di certo tra le più importanti che ogni persona fa nel suo percorso di vita. I docenti sono chiamati ad integrare la loro modalità comunicativa e interrelazionale con quella della nuova generazione. Nell’azione educativa è importante aiutare i ragazzi a creare un’apertura di integrazione con gli altri, ma soprattutto trasmettere valori in una relazione autentica. E non ha caso ha ricordato Paulo Coelho: «Possiamo avere tutti i mezzi di comunicazione del mondo, ma niente, assolutamente niente, sostituisce la sguardo dell’essere umano».

lunedì 7 aprile 2014

Disculpa si ya no te llamo Amor - traduzione spagnola del libro "Scusa se non ti chiamo (più) amore" di Tonino Cantelmi e Michela Pensavalli

Disculpa si ya no te llamo Amor

A distanza di 4 anni, il libro è stato tradotto e pubblicato anche in lingua spagnola.

"Questo libro lancia una sfida: gli uomini e le donne del terzo millennio possono costruire relazioni reali.
Senza nascondere le difficoltà, fornisce strumenti, conoscenze e mappe per vivere dimensioni affettive sane e soddisfacenti. 
La relazione d'amore non è solo possibile, ma può essere vissuta esprimendo pienamente se stessi, senza dover cercare paradisi telematici, scorciatoie verso la felicità o altri rapporti anestetici"







Vacanze preadottive in Italia si discute sui "pro" e i "contro" - Intervista del 7 aprile 2014

La dottoressa Michela Pensavalli, intervistata da Fabio Mandato per conto della SIR Servizio Informazione Religiosa, esprime il suo parere relativamente alle vacanze preadozione da poco introdotte in Italia.


Marco Griffini: "Siamo di fronte a un male enorme, quello dell'abbandono, e dobbiamo fare di tutto per risolverlo". Le perplessità dell'Anfaa manifestate da Donata Nova Micucci. Il parere positivo di Michela Pensavalli, psicologa e psicoterapeuta dell'Itci. La prudenza di Fabrizio Azzolini dell'Age. Da parte di tutti viene manifestata attenzione verso questi minori in grave difficoltà
di Fabio Mandato


Una vacanza con gli adottandi prima dell’adozione? Stanno per partire anche in Italia le cosiddette “vacanze preadottive”, promosse dall’Associazione Amici dei bambini (Aibi). Cinque famiglie dichiarate idonee all’adozione, a partire dal prossimo mese di agosto, ospiteranno alcuni giovanissimi colombiani per tre settimane. Le vacanze preadottive riguarderanno bambini adottabili di età superiore ai 10 anni, di età inferiore ai 10 anni ma con particolari bisogni psicofisici o fratelli in cui almeno uno dei bambini abbia più di 10 anni.

Perché e come. “Siamo di fronte a un male enorme, quello dell’abbandono, e dobbiamo fare di tutto per risolverlo”. A spiegare la proposta sul sito dell’Associazione è Marco Griffini, presidente di AiBi. “Ci sono tantissimi bambini in istituto, già grandicelli, che nessuno chiede, nessuno vuole. Vogliamo impegnarci a trovare una famiglia anche per loro? Vogliamo almeno provarci o siamo convinti che ci si può solo rassegnare a lasciarli diventare adulti da soli?”. Per questo, l’Aibi ha deciso di realizzare un percorso per i genitori. Le coppie che aderiscono vengono accompagnate in tutte le fasi del programma, in un percorso che prevede incontri e colloqui formativi con le coppie italiane, condotti da psicologi, per affrontare la gestione della relazione e dell’affettività. I bambini, invece, verranno preparati con un programma in dieci step, a cura dell’Instituto colombiano bienestar familiar (Icbf). Al termine delle vacanze cosa succede? Le famiglie possono manifestare la volontà di proseguire con l’adozione. Nel caso in cui, invece, non vogliano accogliere definitivamente il bambino come figlio, la coppia ospitante resterà comunque un referente amicale e affettivo, “a distanza”, per il minore, impegnandosi a mantenere i contatti con lui, informandosi sulla sua vita e sui suoi sviluppi. 

Dibattito aperto. “Queste vacanze, che creeranno nei bambini forti speranze e illusioni, pongono tanti interrogativi che riguardano soprattutto le conseguenze difficilmente riparabili derivanti dal fallimento del possibile ‘abbinamento’”. A sollevare perplessità, in una lettera aperta, è Donata Nova Micucci, presidente dell’Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie (Anfaa), per la quale “questi bambini, che attraverseranno l’oceano per passare ‘tre settimane di vacanza’ con una famiglia in Italia, saranno ben consapevoli delle reali finalità di questa iniziativa, che inevitabilmente creerà in loro forti aspettative”. Per l’Anfaa sono diversi i motivi di criticità della proposta, per la quale si dicono “allibiti” quando riflettono sui casi in cui la coppia, al termine della vacanza, decida di non tenere il bambino. “Come può vivere il bambino questa esperienza su cui ha posto tante aspettative? Come potrà superare questa ennesima frustrazione e accettare di essere un bambino che può andar bene sì per una vacanza, ma non per essere accolto e amato per sempre?”. Non è dello stesso parere Michela Pensavalli, psicologa e psicoterapeuta, ricercatrice presso l’Istituto di terapia cognitivo interpersonale (Itci), che ricorda come nelle vacanze preadottive “non si può pronunciare la parola ‘adozione’, e, per quanto i bambini siano molto sensibili alle figure surrogate, l’esperienza, se non vi sono aspettative, può rivelarsi anche una parentesi felice. Tanto più che le statistiche dicono che l’80% delle coppie alla fine sceglie di adottare”. Favorevole alle “vacanze”, Pensavalli le stima come una “bella novità”, “un modo per ovviare alla grandissima difficoltà di accoppiamento tra adottanti e adottandi. Certo - prosegue - bisogna agire con molta prudenza, soprattutto approfondire sulle fasi di start up, valutando il livello di attitudine alla genitorialità sia attraverso il parere dello psicologo che ascoltando i genitori, le loro paure, il loro rischio di inadeguatezza e incapacità che spesso manifestano”. Di prudenza parla anche Fabrizio Azzolini, presidente dell’Associazione genitori (Age), tutore dei minori nella regione Veneto. È favorevole alle “vacanze”, a patto che “vengano fatte secondo una certa idoneità. Non basta l’idoneità riconosciuta ai genitori, ma occorre passare dall’ufficio tutela minori perché dichiari l’idoneità contestuale quasi attuale, degli adottanti. In certe famiglie possono sopraggiungere problemi, soprattutto unionali, come la separazione, che poi recano problemi anche ai bambini”. L’Anfaa, invece, tra le altre cose, propone all’Aibi di servirsi del “sostegno attento e continuativo da parte dei Servizi socio assistenziali e sanitari” allo scopo di tutelare il minore. Il dibattito è aperto: le vacanze preadottive sono da temperare?


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