Itci - Istituto di Terapia Cognitivo Interpersonale

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giovedì 31 ottobre 2013

Aggressori e aggrediti: una realtà sociale

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di Luisa Novorio

Avezzano - Il Centro Antiviolenza della Croce Rossa Italiana di Avezzano, grazie al coordinamento della dott.ssa Annamaria Morgante, ha organizzato il 2° convegno dibattito sulla tematica che da giorni imperversa, indistintamente su tutte le testate giornalistiche, nazionali e locali: la violenza.
Alla ribalta di cronaca tanti omicidi le cui vittime sono prevalentemente donne. Madri, figlie, sorelle, e poco importa se di diversa etnia o prostitute, donne. Per molti, forse in base alla statistica ricercata in web, questo non è molto rilevante in quanto il numero di omicidi che vedono coinvolti gli uomini sono di gran lunga superiori. Forse però non viene ricordato che gli uomini spesso si ammazzano tra di loro per sporco interesse, droga, regolamento di conti, appartenenza alla malavita organizzata o per la propria supremazia sul branco.

La donna viene uccisa per un subdolo potere di supremazia e senso di proprietà che manifesta palesemente la repressione dell'uomo. Per fortuna se ne parla, e se ne deve parlare, come è avvenuto nella platea del Teatro dei Marsi, se ne parla ai giovani, che sono coloro i quali diventeranno gli uomini e le donne di domani, e -ancora per fortuna- vogliono capire cosa vuol dire violenza, e come proteggersi nell'eventualità di subirla. Non per questo viene effettuata una manipolazione su di loro. Manipolazione del giovane è da parte di quei genitori, vedi il caso di bullismo ultimamente accaduto tra ragazzini che hanno pesantemente malmenato un coetaneo portatore di handicap, che alla punizione inflitta ai propri figli, hanno tranquillamente dichiarato " Eccessiva punizione, una ragazzata". Genitori permissivi e superficiali. Meglio sapere che ignorare.

Come detto sopra, una platea piena dei giovani studenti degli Istituti Superiori di Avezzano. Discorsi di relatori altamente professionali che hanno saputo porgere con semplicità i dati scientifici e le spiegazioni inerenti alle tematiche el convegno.
La Prof.ssa Maria Teresa Letta Vice-Presidente Nazionale della CRI , ha dato il saluto ai presenti ad inizio dei lavori, ma ha sentitamente ringraziato, alla fine, i giovanissimi per la loro partecipazione. Non altrettanto entusiasta lo è stata, in sede privata, con i 33 sindaci della Marsica da lei invitati e mai arrivati. Delusione per la mancanza soprattutto del Sindaco Testa di Tagliacozzo. Apprezzamento comunque verso il sindaco di Avezzano che quanto meno ha inviato, in sua rappresentanza,  Gianfranco Gallese.
Argomenti importanti e sensibili.   Il Prof Tonino Cantelmi -psichiatra e psicoterapeuta-direttore SCINT e IFO Roma dichiara: "Questa è un'epoca straordinaria, con una tecnologia di avanguardia, condividiamo tutto su FB, e su qualche altro social network ma fondamentalmente siamo più soli. In questa solitudine albergano tante nostre insicurezze. Direi che bisogna ricostruire la possibilità di stare insieme, incontrarsi parlare reciprocamente, questo per avere un antidoto contro la violenza. I genitori di oggi sono genitori piuttosto buoni, accudenti, affettuosi, ma incapaci di fare i genitori, di trasmettere il senso della vita. La violenza tra bambini, il bullismo è una delle violenze più crudeli, ed è l'interrogativo che ci stiamo ponendo, come mai tanti bambini aggrediscono altri bambini, come adulti dobbiamo avere la capacità di captare questo fenomeno e di intervenire".
La dott.ssa Michela Pensavalli -psicologa e psicoterapeuta-coordinatrice ITCI  sottolinea:  "Le dipendenze affettive come tossicodipendenza? In alcuni casi sì, si verifica quando una persona tende a sbilanciarsi personalmente a carico della sua vita e a suo danno, si disconnette dai propri bisogni, dalle proprie pulsioni, è incapace di riconoscere i sentimenti personali a livello di sentimenti vissuti nella coppia, allora possiamo parlare di amore patologico, cuore dipendente. I dipendenti affettivi sono persone che si escludono progressivamente da una vita sociale ed anche dalla vita familiare, sono persone che presentano sintomi anche di ansia, di angoscia, di depressione e quindi sul piano esponenziale si impoveriscono sempre di più. Sono persone che hanno un investimento grandioso ed esagerato nella relazione di coppia, che vivono questa con un vissuto di grande fusionalità, simbiosi e quindi morbosità. Sono persone che rappresentano il rapporto a due come unica fonte di benessere escludendo qualsiasi altro tipo di relazione fruttifera nella loro vita. Il sentimento ed il vissuto dell'idea ossessiva è qualcosa che va molto in sintonia con il concetto di amore, e di dedizione totale all'altro, i dipendenti affettivi si autogiustificano dicendo che è un amare, che però è un amare grande, completo e si nascondono dietro questa illusione per mascherare una condotta che è assolutamente patogena, chi è accanto a loro ha una visione maggiore dei comportamenti ossessivi e quindi può appoggiare la persona dipendente a chiedere un consulto ed un aiuto".
La Dott.ssa Maria Monteleone -Procuratore aggiunto della della Repubblica di Roma- durante il suo intervento ha sottolineato che si giunge a commettere reato non solo per la mancanza di amore, ma anche per mancanza di amicizia questa la spiegazione: "Purtroppo in questi ultimi anni si è assistito sempre di più al coinvolgimento dei minori nei processi penali, minori molto spesso come autori dei reati, ma anche come vittime, soprattutto come vittime, di comportamenti criminosi molto spesso commessi e condotti nell'interno della famiglia e talvolta anche nei rapporti all'interno delle scuole, delle palestre, e con i loro coetanei. In merito alle novità all'interno della legge 119 da parte del legislatore, questi i punti innovativi: "I più importanti sono quelli che mirano a tutelare in maniera concreta la vittima di determinate tipologie criminose, mi riferiscono per esempio alla novità importantissima secondo la quale nell'ipotesi in cui si debba procedere, non solo ad applicare una misura cautelare nei confronti dell'autore di violenza ma anche a modificare o revocare le misure cautelari applicate, la vittima deve avere la possibilità di interloquire, la vittima ed il suo difensore possono rappresentare al giudice eventuali esigenze contrarie e possono ovviamente essere ascoltate e sentite di modo che, il giudice possa tenere conto delle esigenze della vittima nel momento in cui dovesse valutare la necessità o l'opportunità di modificare le misure cautelari. Mi permetto di dire che probabilmente se questa norma fosse esistita nel mese di giugno o luglio,, il pedofilo, nei confronti del quale è stata revocata la misura, non avrbbe mai potuto liberamente scegliere di andare ad abitare nel piano superiore a quello della piccola vittima, cosi come ora fa".
L' Avv. Giancarlo Paris - consulente legale della FIGC e Vice Presidente Associazione "Giuristi Cattolici" espone il concetto di famiglia "Il concetto di famiglia è problematico da indentificare in questa nostra epoca. Alla famiglia tradizionale alla certificazione di stato civile, o con funzione religiosa, si sostituiscono altre forme, come il concetto di convivenza, ormai abbastanza consolidato. Un esempio finalizzato alla difficoltà procedurale è con la rappresentazione di una cassetta della frutta. Essa è lì davanti ed ognuno quando ha necessità, preleva il frutto che ritiene di prendere in quel momento, collegando così alla norma giuridica che sposa il caso concreto e viceversa; quindi se si compie un reato al reato corrisponde una norma, pertanto sembrerebbe semplice prendere la norma che va a individuare quel reato e dare la sanzione conseguente, invece non sempre è così quando questa norma riguarda l'ambito familiareLe situazioni sono più complesse e di difficile indentificazione proprio perchè sono complessi i problemi all'interno della famiglia, e la norma che si può pensare di applicare, ad esempio sulla violenza, va studiata in ordine alla sociologia e quindi all'aspetto interiore del rapporto tra famiglia ed individuo, quale componente della famiglia, ma anche tra famiglia, individuo e società. L'interpretazione della norma sarà molto più difficile che non l'apprensione sic et sempliciter della norma. L'effetto famiglia spugna fa riferimento al fatto che c'è interessenza tra la famiglia e la società esterna. La famiglia ha la capacità di prendere i segnali dati dalla società ed interiorizzarli per poi proiettarli con tranquillità all'esterno, tutto quello che c'è di buono, mentre quando questo non avviene, e se tutti i segnali, maggiormente quelli deleteri, vengono presi dai componenti del nucleo, o da uno o da più di essi, e vengono interiorizzati nella famiglia, diventano una zavorra, un peso che può determinare un assorbimento eccessivo. La famiglia recepisce le varie problematiche, le involve e quindi si determina un trauma con la dissoluzione del rapporto".
Il tenente CC Racis Francesca Lauria, ha dettagliatamente puntualizzato le problematiche dello stalking, e come difendersi dallo stalker, non reagendo alla perseguzione. Ha fornito inoltre il numero di utilità della Presidenza del Consiglio a cui rivolgersi per trovare il centro di ascolto più vicino: il 1522.
Emozionante il momento artistico offerto dagli allievi della Scuola di Danza del Teatro dell'Opera di Roma diretta da Laura Comi Etoile su coreografie di Gerardo Porcelluzzi, 1° ballerino del Teatro dell'Opera di Roma.

giovedì 24 ottobre 2013

AGGRESSORI E AGGREDITI: la violenza nell'era post-moderna e tecnoliquida - Convegno Avezzano 31 ottobre 2013

La dottoressa Michela Pensavalli parteciperà come relatrice al convegno che si terrà il 30 ottobre 2013 ad Avezzano per affrontare e discutere del tema della "dipendenza affettiva". 



Morte e decapitazioni, Facebook ammette i video violenti

Sky.it

Facebook, l'azienda di Mark Zuckerberg decide, nell'incredulità di tutti, di ammettere sul suo social network immagini e video contenenti episodi di violenza, rappresentazioni di torture, decapitazioni, esecuzioni, atti di terrorismo, giustificandosi nel fatto che a volte attraverso la condivisione è possibile contrastare e condannare la violenza.

La dottoressa Michela Pensavalli, intervistata da Helga Cossu di SkyTg24, sottolinea come questa decisione sia pericolosa per le conseguenze emotive e di emulazione da parte dei numerosi bambini, anche minorenni, che accedono al social network e che visualizzano questi filmati.


Guarda il video completo all'indirizzo:

SERVIZIO PRIMO SOCCORSO PSICOLOGICO


Nella giornata di ieri, mercoledi 23 ottobre, presso la sede l’Ordine degli Psicologi del Lazio è stato presentato il Servizio di Primo Soccorso Psicologico (www.primosoccorsopsicologico.it).
Il Servizio è stato realizzato grazie all’intraprendenza degli psicologi dell’Istituto di Terapia Cognitivo Interpersonale in collaborazione con Psicologi Protagonisti. L’iniziativa è patrocinata da Roma Capitale. Il Prof. Tonino Cantelmi svolge l’attività di supervisione del Servizio.
La giornata di presentazione ha visto la partecipazione di numerosissime persone tra studenti, rappresentati di associazioni e psicologi. Un grazie particolare va rivolto all’Ordine degli Psicologi del Lazio che ha messo a disposizione due stanze per accogliere i partecipanti all’evento.

domenica 13 ottobre 2013

BULLI NELLA RETE - intervista Skytg 24 del 5 ottobre 2013


La dottoressa Michela Pensavalli, intervistata da Helga Cossu di SkyTg24, affronta il tema del bullismo e del cyberbullismo

Dopo gli ultimi fatti di cronaca accaduti in Italia e nel mondo, è utile e fondamentale rendere comprensibili i meccanismi di questo pericoloso fenomeno che si sta sviluppando sempre di più tra i giovani di oggi. 
L'intervista spiega in particolare chi è un bullo, come si comporta e come agisce e attraverso i consigli degli esperti, viene suggerita la modalità di intervento in situazioni di bullismo che possono essere vissuti in prima persona o per capire come aiutare chi la sta vivendo.
(fonte video: skytg24)



venerdì 11 ottobre 2013

Evangelizzare nella società delle reti tecnoliquide. La Chiesa lametina raccoglie la sfida della Nuova Evangelizzazione - Tonino Cantelmi



Una città cambiata radicalmente, in cui le nuove reti di comunicazione modificano i paradigmi delle relazioni umane; una città in cui i network tecnoliquidi "sacrificano" in nome dell'efficienza e della rapidità i valori dell'empatia, della solidarietà umana, dell'incontro autentico.
In questo scenario postmoderno, anche la Chiesa lametina vuole raccogliere la sfida della nuova evangelizzazione e dà inizio al nuovo anno pastorale riflettendo su come è possibile evangelizzare in una città senza punti di riferimento stabili, in cui tuttavia rimane vivo il desiderio degli uomini di senso e di risposte definitive.

"Il Concilio Vaticano II ci indica le strade nelle quali noi cristiani possiamo incontrare gli uomini del nostro tempo". Così il Vescovo Mons. Luigi Cantafora che, in apertura dei lavori, moderati da Don Giacomo Panizza, ha ricordato la coincidenza tra l'inizio del Nuovo Anno Pastorale, il cinquantesimo anniversario dell'apertura del Concilio Vaticano III e i 50 anni delle Acli a Lamezia. Cantafora, nella sua meditazione, ha toccato i temi della crisi e della disoccupazione come "le gravi emergenze della nostra comunità lametina", ma anche in questa realtà "non può mancare la testimonianza cristiana che apre i cuori alla speranza" e fa capire che "Cristo è la risposta al desiderio di pienezza e di senso dell'uomo"-

Quali sono i rischi della "città tecnoliquida"? Per il Prof. Tonino Cantelmi della Pontificia Università Gregoriana, nelle città di oggi "si svolge un dialogo drammatico tra nativi digitali e immigrati digitali" e sin da bambini si è sottoposti "a un'immersione prepotente e invasiva nella tecnomediazione che da un lato genera efficienza, rapidità, e al tempo stesso fa perdere la capacità di capirsi e di avere degli incontri autentici".

Il docente ha evidenziato che "nessuna tecnologia può sostituire quel desiderio di incontro autentico con l'altro che è inscritto nell'essere umano" e che richiede tempo, riflessione, aspetti messi in discussione da una realtà dove "la prima regola è la velocità" e le relazioni sono sempre più fugaci e destinate al "consumo immediato".

Ma questo "nuovo mondo" determinato dalle nuove tecnologie può essere una provocazione per i cristiani del nostro tempo? A partire da questa domanda, la riflessione di Don Luca Pandolfi, Professore alla Pontificia Università Urbaniana, richiamandosi ai discorsi pronunciati da Papa Giovanni XXIII in apertura del Concilio Vaticano II, ha colto nelle parole del Papa Buono la svolta di una Chiesa che "non guarda alla modernità come se fosse tutta una catastrofe", una Chiesa che "supera lo steccato che divide tra buoni e cattivi", comprendendo "che Dio può parlare anche in quel mondo che sta fuori dal Tempio".
"La strada della nuova Evangelizzazione" – ha asserito il sacerdote – "io non la so, ma siete voi a doverla trovare insieme, non sentendovi dipendenti del Parroco, ma sentendovi adulti", recuperando "lo spirito conciliare di una Chiesa che si mette insieme nella diversità" senza la pretesa dell'omologazione della Torre di Babele ma di realizzare una "nuova Pentecoste", "che sappia accogliere uomini e donne di ogni lingua, popolo e nazione".



mercoledì 9 ottobre 2013

Etica della responsabilità e mondo del gioco - Tonino Cantelmi



In un convegno di studi recentemente organizzato dall'Istituto Petroniano di Studi Socialidell’Emilia Romagna (IPSSER - www.ipsser.it-) e dall'Istituto Veritatis Splendor è stata finalmente posta, nel più qualificato livello scientifico ed interdisciplinare, l’attenzione sulle insidie e le emergenze sociali del gioco d'azzardo nel nostro Paese. Il convegno, che si è tenuto a Bologna il 26 gennaio scorso con il patrocinio dell’Università della stessa città, ha proposto una importante riflessione sul fenomeno sociale del gioco d'azzardo e sulle possibili implicazioni sotto i diversi punti di vista medico, psicologico, giuridico, economico, sociologico ed etico (cfr. La vita non è un colpo di fortuna, in Zenit, 17 gennaio 2013).
Allo scopo di promuovere una presa di coscienza e di responsabilità nelle Istituzioni nazionali e nella società civile italiana, insieme con impegni di prevenzione e di cura in una prospettiva di aiuto alle persone, con il presente studio si proporranno alcuni elementi e considerazioni su due campi tenuti fuori dal convegno su citato, ed apparentemente distinti fra di loro: quello finanziario e quello religioso.
Iniziamo dunque con il primo settore, quello finanziario, focalizzando l’attenzione sul piano statistico. Si attingerà, quindi, ai dati sulla raccolta e sulle vincite ai giochi presenti sul sito dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, Istituzione preposta al controllo del gioco pubblico in Italia. Il dato che più macroscopicamente rende l’idea della crescita del fenomeno, è quello che si ottiene comparando il totale della “raccolta”, rispettivamente, nel gennaio 2011 e nell’ottobre 2012. Ebbene, lo Stato ha incassato per il gioco pubblico, vale a dire per lotterie, lotto, superenalotto, ippica etc., nel 2011 più di 62 milioni di euro. Questa cifra è schizzata a ben 70.262 milioni di euro nell’ottobre 2012, con un incremento quindi registrato in poco più di 20 mesi del 13% (fonte AAMS - http://www.aams.gov.it/). Come rilevato quindi da alcuni media più attenti al collegamento esistente fra dinamiche psicologiche individuali e secolarizzazione collettiva, dopo che negli Stati Uniti da almeno un decennio se ne stanno denunciando i costi sociali, anche in Italia il fenomeno sta dilagando (cfr. Giuseppe Brienza, Gioco d’azzardo, dipendenza moderna, in Vatican Insider, 21 maggio 2012).
Eccoci quindi al secondo “campo” della nostra analisi sul fenomeno dei giochi, che è stato stimolato, in particolare, da uno studio pubblicato lo scorso anno dal Center of Public Conversation dell’Institute for American Values di New York, a firma del ricercatore Paul Davies, con il clamoroso titolo: La cattiva scommessa dell’America: perché la crescente partnership tra governi e casinò è un patto col diavolo (“America’s Bad Bet: Why the Growing Government-Casino Partnership is a Deal with the Devil”). La ricerca documenta il rilevante impatto negativo del gioco d’azzardo negli Stati Uniti, collegandolo con l’anomia valoriale e la demolizione familiare che, sempre più, ne sta colpendo non solo le fasce sociali più “basse”.
Il rapporto denuncia la perversa strategia intrapresa da molti degli Stati federati che, con il perdurare dell’anemica crescita economica caratterizzata da gettito fiscale in ribasso, sta indulgendo nella sempre maggiore “legalizzazione” del gioco d’azzardo nella speranza di procacciare fondi aggiuntivi alle finanze pubbliche. Proprio nello Stato di New York il governatore Mario Cuomo ha infatti proposto di modificare la costituzione federale, per legalizzare una volta per tutte i casinò commerciali. Il Michigan gli sta andando a ruota mentre, il primo casinò dell’Ohio, è stato aperto nel maggio 2012 a Cleveland, cui ne è seguito un secondo nel giugno successivo a Toledo.
Nel Maryland, nel novembre dello scorso anno, si è votato per l’apertura di un sesto casinò oltre che per l’aggiunta di tavoli da gioco nei casinò già esistenti. I danni sociali ingenerati da tali dinamiche affliggono soprattutto ma non solo gli strati più emarginati e poveri della popolazione, coinvolti nel vizio del gioco e quindi poco propensi a cercare un proprio riscatto sociale attraverso il lavoro.
Sebbene le statistiche ufficiali del gioco d’azzardo negli Stati Uniti risalgano ancora al 2006, come rilevato dall’agenzia di stampa cattolica “Zenit”, in quell’anno gli americani hanno perso al gioco la stratosferica cifra di 91 miliardi di dollari. «La seduzione dell’arricchimento rapido e facile, - ha commentato al proposito padre John Flynn, della Congregazione dei Legionari di Cristo -, ben si sposa con la mentalità contemporanea della gratificazione istantanea. La maggior parte dei giocatori vengono dalle categorie meno capaci di sostenere l’onere delle loro inevitabili perdite: anziani, minoranze e classe operaia. […] Un gioco d’azzardo più diffuso può sembrare un’opzione attraente per i governi ma a tutto discapito della gente, della quale sono tenuti a proteggere il welfare» (Governi avidi e gioco d'azzardo, in “Zenit”, 20 aprile 2012).
A questo punto non pare inutile ricordare come, nel commento del settimo comandamento “Non rubare”, il numero 2413 del Catechismo della Chiesa Cattolica stabilisce che, “I giochi d’azzardo (gioco delle carte, …) o le scommesse non sono in se stessi contrari alla giustizia. Diventano moralmente inaccettabili allorché privano la persona di ciò che le è necessario per far fronte ai bisogni propri e altrui. La passione del gioco rischia di diventare una grave schiavitù. Truccare le scommesse o barare nei giochi costituisce una mancanza grave, a meno che il danno causato sia tanto lieve da non poter essere ragionevolmente considerato significativo da parte di chi lo subisce”.
Anche in Italia, proprio a causa del collasso etico frutto anche del secolarismo, le forze più consapevoli del volontariato sociale stanno alzando la guardia nei confronti del fenomeno, molto sottovalutato da politici e media. Ad esempio, l’ultimo numero della rivista del “Centro Italiano di Solidarietà” (CeIS), fondato a Roma da don Mario Picchi (1930-2010) e da oltre quarant’anni impegnato nel recupero dei giovani da ogni forma di tossicodipendenza (http://www.ceis.it/), è interamente dedicato all’approfondimento di quelli che sono gli effetti del gioco sulla psiche e sulla sorte delle persone e delle famiglie.
Nel primo contributo del Dossier “Gioco d’azzardo, dipendenza moderna”, pubblicato su “il Delfino on line”, n. 2, dell’aprile 2012, firmato da Mario Pollo, professore di Pedagogia Generale e Sociale alla Lumsa di Roma e collaboratore del CeIS, si distingue fra le forme di gioco utilizzate come forma saltuaria di evasione dallo stress e dai ritmi della vita quotidiana, alle dipendenze del gioco d’azzardo compulsivo che si osservano con sempre maggiore preoccupazione anche nella realtà italiana. Se le prime modalità, osserva Pollo, «si limitano a far vivere alla persona il gioco come qualcosa di funzionale al lavoro e alla vita sociale, nel senso di offrire quello scarico dello stress e delle tensioni necessario a riprendere con rinnovata lena la vita quotidiana, nel caso del gioco d’azzardo compulsivo le perturbazioni producono nella persona l’alienazione della propria vita, il suo sottometterla a qualcosa di esterno a essa che come una sirena chiama al naufragio sugli scogli della distruttività. In questi ultimi casi il gioco da strumento di libertà e di liberazione diviene uno strumento di schiavitù, da luogo di creazione di una vita più ricca e umanamente realizzante si trasforma in luogo della distruzione della vita stessa» (Educare al gioco, in “il Delfino on line”, n. 2, aprile 2012, p. 4).
Un primo contributo di analisi psicologica “tarato” sulla situazione italiana è quindi offerto sulla rivista dallo studio del medico-chirurgo, specializzato in psichiatria, Tonino Cantelmi, che è stato il primo in Italia a occuparsi dell’impatto della tecnologia digitale sulla mente umana (c.d. “Internet Dipendenza”, cfr. http://www.toninocantelmi.com/). Con il collega Emiliano Lambiase,  Cantelmi denuncia come, sebbene il gioco d’azzardo patologico sia stato riconosciuto per la prima volta come disturbo mentale fin dal 1980, «con la sua introduzione nel DSM-III all’interno dei Disturbi del Controllo degli Impulsi», nel contesto attuale i siti Internet che si occupano di gioco d’azzardo fioriscono indisturbati. Sebbene la maggior parte delle persone sembrino essere in grado di giocare responsabilmente, aggiunge lo psichiatra cattolico, «viene stimato che circa il 3% della popolazione lotta contro la dipendenza da gioco».


Psicologia: adolescenti sempre più fragili, sintomi psichici per 10% bimbi - Tonino Cantelmi




A tratteggiare una giovanissima generazione "particolarmente fragile e vulnerabile" è Tonino Cantelmi, docente di psicologia dello sviluppo all'università Lumsa di Roma, dopo il caso della 12enne ricoverata in gravissime condizioni al Meyer di Firenze per un volo dal terzo piano, seguito a un rimprovero dei genitori.

Roma, 9 ott. (Adnkronos Salute) - "Oggi gli adolescenti sono particolarmente fragili e vulnerabili, in particolare ad ansia e depressione. Un problema sempre più precoce: si stima che tra 6 e 10 anni quasi il 10% dei bambini presenti sintomi psichici. E proprio depressione e ansia la fanno da padrone". A tratteggiare una giovanissima generazione "particolarmente fragile e vulnerabile" è Tonino Cantelmi, docente di psicologia dello sviluppo all'università Lumsa di Roma, dopo il caso della 12enne ricoverata in gravissime condizioni al Meyer di Firenze per un volo dal terzo piano, seguito a un rimprovero dei genitori.
"Non è certo una cosa normale o naturale reagire così a un rimprovero. Purtroppo però - dice lo psichiatra all'Adnkronos Salute - non mancano episodi simili nella cronaca, e i protagonisti sono sempre più giovani. Stiamo costruendo un'umanità più fragile e vulnerabile dal punto di vista psichico, con manifestazioni sempre più precoci". Secondo Cantelmi la chiave sta nelle relazioni, o meglio "nell'incapacità di costruire relazioni stabili e soddisfacenti, con gli amici, in famiglia, o sentimentali. E questo è vero oggi fin da giovanissimi. Abbiamo centinaia di amici su Facebook, contatti sui social network, ma stiamo perdendo le competenze necessarie per far funzionare il rapporto con gli altri. Così, paradossalmente, ci sentiamo molto più soli rispetto ai nostri coetanei di qualche decennio fa".
E se gli adulti, insieme ai contatti virtuali, hanno ancora una memoria di ciò che serve a costruire relazioni reali, per i nativi digitali le cose sembrano complicarsi. Le amicizie e i primi amori nascono e muoiono in rete. "E il moltiplicarsi dei soggetti con cui relazionarsi, tra vita reale e web, rende tutto più difficile". Sembra, insomma, che si stia perdendo l'arte di costruire e coltivare i rapporti con gli altri.
"Per stare bene, oggi come ieri, abbiamo bisogno di buone relazioni. Ma sembra che stiamo perdendo le capacità necessarie. E i primi a risentirne - conclude Cantelmi - sono proprio i giovanissimi, che con l'adolescenza attraversano una fase particolarmente fragile". Una fase che non sembra destinata a chiudersi molto presto: "Si calcola che per il 2010 la depressione sarà la seconda causa di invalidità a livello mondiale. E questo problema non riguarda solo i ragazzi, ma l'intera umanità".


giovedì 3 ottobre 2013

Progetto EDUCAZIONE AL WEB - ITCI e Istituto San Vincenzo de Paoli di Ravenna

L’ITCI - Istituto di Terapia Cognitivo Interpersonale di Roma, diretto dal Prof. Tonino Cantelmi, psichiatra e docente di Psicopatologia dello Sviluppo alla Lumsa di Roma, organizza e coordina il progetto all'interno della scuola San Vincenzo de' Paoli di Ravenna di “Educazione al web”.


Il progetto è diretto dalla Dott.ssa Michela Pensavalli e svolto dalla d.ssa Mara Bruno, dalla d.ssa Maria Scicchitano e dal dr. Massimiliano Marzocca.


La scuola può svolgere un ruolo strategico nell’orientare i giovani verso un comportamento positivo e responsabile nell’utilizzo dei media (vecchi e nuovi), all’interno e attraverso una prospettiva disciplinare impegnata nella  riflessione sui media come oggetto, strumento e spazio del processo educativo. 
Oggi i nuovi media  fanno parte della quotidianità sia dei bambini che degli adolescenti. Questo non è un dato né rassicurante, né apocalittico, ma semplicemente un’indicazione di metodo per chi educa. I media non possono più essere considerati degli strumenti, ma parte integrante del quotidiano di bambini e ragazzi, come del nostro.
Nel tempo si è sentito spesso parlare dei risvolti rischiosi dei new media a prescindere dal tipo di utilizzo che ne veniva fatto. Attualmente si tende a pensare che il rischio non sia  rappresentato dai media in sé per sé, ma dalle pratiche di questi. Ad esempio, oggi non si può ritenere che gli adolescenti siano trasgressivi perché hanno il cellulare; piuttosto il cellulare crea le condizioni perché le loro pratiche, trasgressive o meno, si esprimano. Anziché mettere sotto processo i media, che appaiono così solo un “mezzo attraverso cui”, è necessario spostare l’attenzione sull’intero sistema che li lega alle pratiche dei soggetti: solo le pratiche consentono di collocare i media dentro i loro quadri d’uso.
Per questo motivo si è sentito il bisogno di conoscere la cultura del nostro Paese riguardo alla conoscenza delle buone pratiche nell’ambito dell’utilizzo dei new media da parte dei ragazzi delle scuole primarie e secondarie. Sulla base di quanto detto finora, il nostro studio si pone come obiettivo ultimo la possibilità di dar vita ad una proposta di didattica digitale che veda colmate le lacune attualmente presenti, in modo da orientare alla messa in atto di comportamenti adeguati da parte dei ragazzi verso i new media, diminuendo la possibilità che si imbattano in situazioni rischiose e mettendoli nelle condizioni di conoscere le strategie migliori per evitare le situazioni di pericolo.

L’obiettivo generale del progetto è di aiutare gli insegnanti ad acquisire competenze specifiche per migliorare le loro funzioni educative in virtù dell’avvento delle nuove tecnologie e sfruttare queste anche attraverso i moduli didattici.
Gli alunni saranno aiutati ad aumentare la consapevolezza dei vantaggi e dei rischi che tali tecnologie comportano.
In sintesi il corso tende a:

  • aiutare il corpo docente  a migliorare le proprie competenza;
  • acquisire conoscenza sui vantaggi e gli svantaggi delle nuove tecnologie
  • rafforzare la conoscenza e le informazioni degli alunni sull’argomento
  • creare una rete di confronto tra adulti e ragazzi

Il progetto è dunque rivolto a insegnanti, alunni e più estesamente alle loro famiglie per ciò che concerne gli incontri informativi aperti.

Nei diversi moduli didattici saranno affrontati i contenuti teorici e teorico – pratici:

  • Il mondo tecnoliquido: nuove trame comportamentali dei “nativi digitali”
  • La partita aperta tra nativi digitali ed immigrati digitali
  • Il cervello dei nativi digitali
  • Nuovi linguaggi di comunicazione tecnomediata

Il corso ha una modalità teorico-pratica. Ciascun incontro si struttura in:

  • una fase informativa di apprendimento di gruppo;
  • una esperenziale su diverse abilità, attraverso metodologie quali simulazioni, giochi di ruolo, drammatizzazioni, metodi audiovisivi, ecc.

Ci si avvarrà anche di analisi di situazioni problematiche presentate dai partecipanti.


Il futuro? Ce lo insegnano i bambini - Tonino Cantelmi


Hanno dagli 0 ai 12 anni. Sono nativi digitali, abituati fin dalla nascita a confrontarsi con Internet e dispositivi touch screen. Imparano e scoprono con metodi totalmente diversi dalle generazioni precedenti. I sociologi li studiano. Per capire come si sta rimodulando l'intelligenza umana. E dove stiamo andando.

di Roselina Salemi. Foto di Lorenzo Maccotta



Francesco e Valeria ricordano ancora con divertito stupore il giorno in cui Andrea, il loro primo figlio, che adesso ha tre anni, ha preso in mano un foglio di carta. Aveva meno di otto mesi, e con il minuscolo dito cercava di far scorrere il foglio da sinistra verso destra come in un touchscreen. Delusissimo perché non succedeva niente, ha tentato di allargare la figura muovendo il pollice e l'indice, cioè trattando il foglio come uno schermo. Altra delusione. Forse si stava chiedendo a che cosa serve un foglio di carta. Il fratellino Tiziano, sedici mesi, cammina appena, ma quanto a tecnologia non ha esitazioni, si dirige verso un tavolino basso, prende l'ipad, lo sblocca e trova la sua applicazione preferita. Andrea e Tiziano sono più che nativi digitali, termine coniato nel 2001 da Marc Prensky per indicare i bambini nati e cresciuti con Internet. L'arrivo dell'iPad nel 2010 segna un'altra fase del cambiamento: la generazione touchscreen. I tablet sono grandi e luminosi, è facile usarli per colorare e disegnare: bastano le dita. I bambini li adorano, e i genitori più critici si chiedono se questa osmosi con la tecnologia renderà migliori i loro figli o brucerà senza scampo le loro tenere sinapsi.

Andrea e Tiziano sono figli di Francesco Sacco, 46 anni, esperto di innovazione, docente dell'Università Bocconi di Milano e dell'Università dell'Insubria di Varese, co-fondatore di Impara Digitale, cooptato da Lista Civica per i temi connessi alla tecnologia, nonché proprietario di innumerevoli gadget utili al gioco e al lavoro (penne che registrano mentre scrivi, programmi di traduzione dalla dettatura al computer).

Osservando i suoi bambini, arriva alle stesse conclusioni di scienziati come Sandra Calvert (Università di Georgetown) e Georgene Troseth, psicologa dello sviluppo (Vanderbilt University di Nashville, nel Tennessee): «I nativi digitali stanno sviluppando capacità e metodi di apprendimento completamente diversi. La mia generazione aveva grossi libretti di istruzioni, quella dopo molto più snelli, quella di adesso, zero. La conoscenza avviene in modo pratico e intuitivo. La tv è statica, e non permette una delle cose più importanti per i piccoli: lo scambio di informazioni. Tiziano è in grado di trovare sul mio cellulare le icone dei suoi giochi preferiti e cerca nella cronologia i filmatini dell'Uomo Ragno che gli piacciono. Colora sull'iPad e compone i puzzle. Nessuno gli ha spiegato niente. Certo, continua a provare e riprovare, tanto che ho dovuto mettere un filtro per bloccare eventuali danni da sperimentazione sul mio iPad, ma penso che questi bambini faranno la differenza, nel futuro saranno "makers", produrranno da soli gli oggetti che desiderano». Il caso Sacco è particolare. In casa sua regna la domotica. Non ci sono più telecomandi: televisione 3D e luci, tutto è centralizzato e regolato attraverso l'iPad. Andrea alza e abbassa le tapparelle, mentre la tata filippina non ci riesce, e Tiziano prova già ad accendere la tv.

Una rivoluzione. Paolo Ferri, che insegna Tecnologie didattiche e Teoria e tecniche dei Nuovi Media all'Università di Milano-Bicocca, ha introdotto il termine "nativi digitali" in Italia, ed è radicale. Noi siamo gli ultimi gutenberghiani, sostiene, in fondo non c'è stato niente di totalmente nuovo dopo l'invenzione della stampa. Ci sono voluti cinquecento anni. Il suo saggio, "Nativi digitali" (Bruno Mondadori), è del 2011 e sta per uscirne un aggiornamento in e-book. C'è chi agita lo spauracchio della tecno-dipendenza, ma il cambiamento va avanti. «Siamo davanti a un'intelligenza nata dal mutamento del contesto sociale, passato da un sistema alfabetico-gutenberghiano a uno digitale televisivo», spiega Ferri.

Secondo le prime, già contestate classificazioni, nella macro categoria dei "nativi", o "generazione Z", ci sono tre grandi aree: "nativi digitali puri" (tra 0 e 12 anni ) "millennials" (tra 14 e 18 anni) e "nativi digitali spuri" (18-25 anni). Tutti gli altri, compreso il supertecnologico professor Sacco, sono "immigranti digitali", bravissimi, ma con un handicap: sono passati dalla penna alla tastiera, arrivando ai tablet con un approccio utilitaristico: la tecnologia mi serve. I Digital Kids invece si divertono, hanno un'esperienza precoce degli schermi interattivi - videogiochi, cellulari, computer - e di Internet.

Nelle loro camerette, i media digitali sono sempre più presenti. L'89 per cento delle famiglie usa il computer (contro il 40 del 2005), ma i numeri rendono l'idea fino a un certo punto. Ferri, che ha condotto una ricerca su cinquanta bambini di tre classi fra i 7 e i 9 anni - c'erano da testare le app di Geronimo Stilton, il famoso e amatissimo topo investigatore - si è portato dietro il figlio Davide (10 anni) come beta tester e peer tutor. «È stato istruttivo», racconta, «vedere come funzionava bene il rapporto tra pari. Lui spiegava il gioco, ed era più utile di qualsiasi adulto. Confesso che mi fa da consulente». Che cosa è venuto fuori dalla ricerca? «I bambini considerano il mondo digitale come espansione di quello reale, non c'è quasi differenza né contrasto, trovano normale interagire, inventare varianti del gioco (noi parliamo di artigianato cognitivo). Il touch si può usare in diverse posizioni, anche stando sdraiati per terra, ed è più semplice del notebook. Le piccole dita corrono veloci sulla tastiera virtuale. Mio figlio ha scelto un gioco di Spiderman su App store a 6,60 euro, e mi ha fatto capire che la console portatile rischia di essere superata: costa ed è meno comoda».

Insomma, i nativi condizionano il mercato. Sono multitasking, in grado di distribuire l'attenzione su quattro-cinque dispositivi contemporaneamente: studiano, ascoltano la musica, rispondono agli sms e guardano Facebook sul pc, senza difficoltà. Tonino Cantelmi, psichiatra, docente di Psicologia dello sviluppo alla Lumsa, la definisce "tecnoliquidità": si creano grandi gruppi di amici impegnati su testi diversi, che possono scambiarsi battute, mostrare foto o mail, condividere messaggi. E divertirsi. Lo studio deve essere interattivo. I genitori non li capiscono, proprio perché la loro mente è diversa. E qui arriviamo alle due questioni cruciali. Prima: la tecnologia deve essere illimitata o razionata saggiamente? Fa bene? Fa male? Michael Rich, direttore del Centro sulla salute infantile dell'Ospedale pediatrico di Boston, ci mette in guardia: «Molte app per bambini sono progettate in modo da stimolare il rilascio di dopamina, neurotrasmettitore associato al piacere, per spingerli a non interrompere il gioco». Hanna Rosin su "The Atlantic" dedica un lungo reportage all'apprensione dei genitori che tentano di controllare l'uso dei tablet. C'è chi concede mezz'ora al giorno, chi un'ora durante il fine settimana, chi il mercoledì e il sabato, chi soltanto in aereo e durante i lunghi viaggi in auto. Marc Prensky è dell'idea di lasciar liberi i bambini: «Le proibizioni riflettono i nostri pregiudizi».

Seconda questione: che cosa succederà a scuola? «Per far transitare il sistema italiano verso il digitale servirebbero 6-9 miliardi di euro. Sembrano tanti, ma una portaerei ne costa uno e mezzo. Quanto a risorse disponibili, ce la battiamo con la Grecia, la Romania e il Portogallo. Solo il 7 per cento delle classi ha Internet. Per attrezzarne una ci vogliono quindicimila euro, per una scuola intera duecentomila», calcola Ferri. Eppure non si può restare indietro. Dice Sacco: «Che cosa fai? Prendi questi bambini e li metti davanti a una penna e a un foglio di carta? Sarebbe come se a noi avessero dato un calamaio». C'è chi si batte per rincorrere il nuovo, formare gli insegnanti, c'è chi vede scomparire un mondo. E la scrittura? L'ortografia? Ferri è quasi eretico: «Potremmo considerare la scrittura manuale come il disegno.». Una cosa è certa: la differenza tra i nativi e gli "altri" sarà sempre più netta. Alla domanda ricorrente su come riconoscere gli immigranti digitali, Cantelmi risponde: «Sono quelli che fanno la coda al check-in».


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