Itci - Istituto di Terapia Cognitivo Interpersonale

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venerdì 27 settembre 2013

DISCONNETTITI - Tonino Cantelmi

La dipendenza dalla rete, o internet – l’addiction disorder – non è ancora entrata a pieno titolo nei manuali di psichiatria tra le nuove patologie, ma sono in corso numerosi studi sull’argomento. In compenso gli psichiatri di tutto il mondo hanno già da tempo cominciato ad occuparsi di pazienti con disturbi da abuso o uso improprio di internet. Ma secondo studi molto recenti sembra che chi ha problemi seri di dipendenza abbia problemi psichiatrici preesistenti. Sembra infatti che la retedipendenza colpisca soprattutto persone con difficoltà a comunicare in modo normale con gli altri e le persone con personalità di tipo ossessivo-compulsivo. In questo senso la dipendenza da internet costituirebbe un rifugio sicuro per non affrontare le problematiche dell’esistenza e consentirebbe ai soggetti malati di vivere una condizione di onnipotenza legata al fatto di poter superare i normali vincoli spazio-temporali.
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Chi è malato di internet?
Il malato di internet si connette per più di otto ore al giorno e mostra sintomi di astinenza sia fisici (sindrome del tunnel carpale, repentino cambiamento di peso) che comportamentali (ansia, nervosismo, sensazione di astinenza).
Per quanto riguarda i giovani in Italia secondo il Rapporto Nazionale sulla Condizione dell’Infanzia e dell’Adolescenza del 2011 realizzato da Eurispes eTelefono Azzurro, un ragazzo su 5 si sente irrequieto e nervoso quando non può accedere alla rete, e il 17,2% dei giovani ha cercato di ridurne l’uso senza riuscirci. Una ricerca realizzata dall’ospedale di Cremona nel 2012 (Internet Addiction Disorder: prevalence in an italian student population) ha rivelato che il 94,19% dei ragazzi fa un uso normale del mezzo, il 5,01% è moderatamente dipendente, lo 0,79% lo è seriamente. Buone notizie dunque.
Però, presso il Policlinico Gemelli di Roma nel corso di 3 anni si sono presentate 550 persone di cui l’80% giovani tra gli 11 e i 23 anni. Federico Tonioni, responsabile dell’ambulatorio per le dipendenze dell’ospedale spiega che i ragazzi “vivono relazioni prive di corpo; nelle chat o nei giochi on line non puoi né colpire né baciare davvero”. Lo schermo è uno scudo protettivo. I genitori “immigrati digitali” non capiscono i “figli nativi” e pensano di dover curare una dipendenza mentre spesso si tratta di altro. Secondo lo psichiatra questi ragazzi hanno disturbi affettivi e relazionali. “Chi guarisce comincia a uscire con una ragazza, a praticare uno sport, non suggeriamo mai di spegnere il computer”.
Il parere di Tonino Cantelmi, uno dei maggiori studiosi italiani di questa problematica, autore del libro ‘Tecnoliquidità’ è che “siamo alle soglie di una mutazione antropologica; fenomeni che chiamiamo patologici vanno compresi all’interno di questo cambiamento”. La cosa da fare sembra di capire, è semplicemente ‘staccare la spina’ ogni tanto, insomma, disconnettersi.
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Bibliografia:
- Howard Rheingold, “Perché la rete ci rende intelligenti”, edizioni Cortina Raffaello, 2013
- Clay Sirky, ” Surplus cognitivo creatività e generosità nell’era digitale”  Codice edizioni, 2010
- Paolo Ferri, ” Nativi digitali” Bruno Mondadori editore, 2011.

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