Itci - Istituto di Terapia Cognitivo Interpersonale

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lunedì 13 ottobre 2014

Arriva lo cyberpsicologo, curerà il disagio psichico della generazione 'mobile born'

Maker Faire, auditorium Parco della Musica di Roma, una stampante 3D, dal costo di circa 1.500 euro, lavora silenziosamente ma indefessamente ad un piccolo e insignificante oggetto domestico, incurante del baccano della folla che la osserva, si ferma e passa oltre. Una settimana dopo il professor Tonino Cantelmi, dell'università Lumsa di Roma, avvia il corso di cyber psicologia. E non per rispondere alla domanda che si poneva Philip Dick col titolo del suo romanzo "Ma i droidi sognano percore elettriche?", meglio noto come Blade Runner.

Nel punto di intersezione tra la società liquida teorizzata da Zygmunt Bauman e la rivoluzione digitale, Cantelmi individua nel suo saggio Tecnoliquidità - La psicologia ai tempi di internet: la mente tecnoliquida (ed. San Paolo) la nuova antropologia dell' Homus Digitalicus 2.0, il mobile born, versione successiva del nativo digitale. È immerso nel brodo primordiale di una rivoluzione non ancora giunta a compimento, ma il Digitalicus 2.0 è già da oggi un 'sempre connesso', col suo smartphone o con il tablet e in un domani ormai imminente con i Google Glass. Siamo dunque alla connessione come condizione esistenziale che - si domanda Cantelmi - mostrando i sintomi di un passaggio evolutivo, potrebbe portare - e forse ha già portato - alla strutturazione di nuovi schemi cognitivi e di nuovi processi nella costruzione della propria identità, individuale e collettiva. Materia per gli psicologi della prossima generazione.


In questo senso il corso avviato da Cantelmi segna uno scollinamento definitivo. L'identificazione della nascita di un nuovo soggetto sociale, che vive e interagisce con gli altri in relazioni sempre più tecno-mediate (per oggi sui social network in forma di intrattenimento, domani chissà) è il punto di approdo e nello stesso tempo di ripartenza dei tanti interrogativi che l'avvento della rete - ma più generalmente del digitale - ha sollevato. Partendo dal semplice (semplice?) ambito tecnologico, la smaterializzazione di qualsiasi 'documento' trasmissibile e condivisibile per via telematica, ha generato ampi dibattiti nell'ambito giuridico: il primo è stato il Diritto d'Autore, messo pesantemente in discussione con il file sharing musicale del caso Napster, ma ha fatto presto a sfociare anche su altre fattispecie come il Diritto all'oblio (uno dei pregi, ma anche dei difetti della rete, è che non dimentica) o alla 'privacy'. Oppure, come il caso del programma MonsterMind rivelato da Snowden, nelle questioni di sicurezza nazionale che verrebbe compromessa sulla base di reazioni automatiche dei sistemi di difesa (perché con certi algoritmi proprio non si ragiona).

E se le normative sui punti sopraesposti fanno fatica ad adeguarsi (sempre ammesso che lo si voglia), il tema individuato da Cantelmi sposta l'inquadratura su un obiettivo ancora più centrale: non il 'cosa' (che è la rete), non il 'come' si usa, ma gli effetti che ha sul 'chi', comprendendo tra questi anche e soprattutto i bambini i quali, born mobile per eccellenza, danno segni di una 'precocizzazione' comportamentale nei confronti della quale non sempre hanno la struttura idonea per assorbirla. 

Ma la rete è pervadente, liquida appunto, e come tutti i fluidi si insinua negli interstizi più nascosti del vivere sociale, e fermarla è impossibile, anche se spesso ci si dimentica di chiedersi da dove arrivi, di chi sia e chi la governi davvero.


Nel 1947 a La Sorbonne di Parigi, con la nascita dell' Institut de Filmologie, Gilbert Cohen-Séat non fu solo l'ostetrico della filmologia, ma sancì la nascita dell'homo videns di sartoriana memoria. Se dunque i dibattiti correlati alla rete hanno toccato con il corso di Cantelmi il loro punto nodale, quel che ancora manca è un approccio multidisciplinare e un'elaborazione sistematica degli scenari possibili sui quali andrà a muoversi - con che diritti e con che doveri? - l'Homus Digitalicus 2.0, che per ora esiste 'de facto' ma non ancora 'de iure'. Insomma, esiste il suo cittadino, ma di questa realtà espansa di internet, di questo Ultramondo, ancora non se ne certifica appieno l'esistenza. Intanto, sorda e ottusa, la stampante 3D da 1500 euro del Maker Faire procede silenziosa verso il suo prossimo lavoro. Il ricambio di un auto o il pannello di un mobile. In ogni caso, una rivoluzione.

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