Questo il tema del Capodanno in famiglia 2013. Ormai prossimi al consueto appuntamento, vogliamo che giunga il nostro invito a tutte quelle famiglie che desiderano fare un’esperienza alternativa, piena di @scolto, @ccoglienza e @micizia ma, attraverso queste pagine, vogliamo rendere partecipi del nostro cammino anche quanti non potranno esserci.
Per qualcuno il termine rete indicherebbe il tessere, il cucire ed è quanto noi vorremmo fare, favorendo relazioni familiari e fraterne significative, riscoprendo il gusto di guardarci negli occhi, di stringere una mano, di ascoltare il silenzio, di un sano divertimento, della preghiera insieme. Dal momento che la rete indica un qualcosa fatto a maglie che serve per prendere pesci, uccelli, ecc., mi piace immaginare che ogni famiglia possa essere al tempo stesso una maglia della rete ma anche colei che si lascia catturare da essa, pronta a mettere la propria parte per tessere trame di comunione.
A Collevalenza, in questo roccolo scelto da Dio, dal mese di ottobre, abbiamo ripreso l’esperienza di una domenica al mese "formato famiglia", nel desiderio di dar vita ad una famiglia di famiglie (tante maglie di un’unica rete!) che si lasciano incontrare dall’Amore Misericordioso e annegare nell’abisso del Suo amore, che desiderano fare della Parola la luce che illumina il cammino della ferialità. Folto il gruppo di famiglie dell’Unità pastorale di Collevalenza e dintorni che sono cadute nella rete e che stanno aderendo all’iniziati va tessendo nuove maglie. Diverse sono state le coppie che hanno potuto gioire di un tempo di riflessione, di condivisione, di preghiera e di amicizia.
Tantissimi i bambini che il Signore trasforma in flauti, in richiami per genitori e non. Così come scelto dagli animatori, per loro quest’anno è previsto un percorso speciale alla scoperta della figura di M. Speranza, anche attraverso dei fumetti a tema, magistralmente realizzati da un’animatrice. I bambini sono attentissimi e interessati ai racconti, contenti di essere resi protagonisti e di sapere che… anche "una santa" è stata bambina e, come loro, ha fatto marachelle e ha cercato, fin da piccola, di amare Gesù!
Si sono cimentati, tra l’altro, nel fare il pane, segno di comunione e di condivisione; nell’animare i vespri con la lettura e con altri piccoli gesti. Significativo anche il dono dell’Acqua dell’Amore Misericordioso, del pane e della Parola ai propri genitori, l’essenziale per il cammino o almeno per il passo successivo. Il momento più commovente e profondo è stato, però, vederli inginocchiati ai piedi dell’altare, durante la Benedizione Eucaristica, facendo corona attorno a Gesù, tanto che nei nostri cuori riecheggiavano le sue parole : lasciate che i bambini vengano a me…, a chi è come loro appartiene il regno di Dio!
Il regno di Dio, ci ricorda ancora Gesù, è simile a una rete gettata nel mare, che accoglie tutti, e chi diventa discepolo "del regno di Dio è come un capofamiglia che dal suo tesoro tira fuori cose vecchie e cose nuove" (Mt 13,52).
Anche noi vorremo tirar fuori, con umiltà, gli stracci vecchi e il vestito della festa. Di tutto si può "far tesoro", perché il Padre, nel suo amore e nella sua misericordia, tutto volge al bene, tutto trasforma in grazia. Ciascuno di noi, credo, avrà fatto l’esperienza che trovare "il tesoro" riempie il cuore di gioia, la vita di senso, tanto più quando questo ha richiesto dedizione, sofferenza, sacrificio, umiliazioni. Solo riconoscendo e accogliendo le cose "vecchie" che tutti abbiamo, fragilità, limiti, peccato, ritardi nell’aderire al progetto di Dio, possiamo chiederGli di fare di noi una cosa "nuova" da cui traspaia la comunione, la fraternità, il perdono.
Negli incontri, ho visto coppie accogliere "la Parola di Dio con la gioia che viene dallo Spirito" (1Ts 1,6), ascoltare commosse le testimonianze di vita, guardare fiere i propri figli impegnati nelle diverse proposte, vivere con attenzione il tempo dedicato al dialogo. Questa pesca abbondante ci auguriamo che possa portare frutti di unità e di santità, aprendo spazi di rinnovate scelte evangeliche.
Gesù non si stanca di bussare alla nostra porta, di entrare nella nostra casa o di salire sulla nostra barca per invitarci a prendere il largo e a calare le reti per la pesca, e lo fa proprio quando agli occhi umani tutto sembrerebbe finito, assurdo, illogico e perfino ingiusto visto che, come i discepoli, anche noi tante volte lavoriamo con assiduità ed impegno senza però prendere nulla, viviamo l’amara esperienza di ritrovarci a mani vuote... Ma è proprio da questo gesto di filiale obbedienza e di fiducia, fondato sul nostro niente, che sgorgheranno una gioia sovrabbondante e un grande stupore per una pesca miracolosa, che non è nostra, che non ci appartiene, che supera ogni umano criterio. É solo dalla meraviglia per la gratuità del dono che può nascere il desiderio di seguire il Maestro con maggiore radicalità, ovunque voglia condurci.
Durante il prossimo Capodanno, il nostro prendere il largo ci porterà su nuove rive a cui non solo le famiglie ma anche ognuno di noi, volente o nolente, è chiamato ad ormeggiare. La riflessione e il confronto saranno sull’affettività e le nuove tecnologie, entrate prepotentemente nella nostra quotidianità. Vorremo parlare di uno dei gravi rischi sottolineati dagli addetti ai lavori - tra questi Michela Pensavalli - che "deriva dal ricorso alle tecnologie per stringere relazioni umane". Si assiste, infatti, ad una "dissociazione fra le emozioni che rappresentiamo nella rete e quelle che viviamo nella realtà" e per questo anche Tonino Cantelmi ha ribadito che «le tecnologie sono un mondo che dobbiamo imparare ad abitare» per essere ancora in grado «guardarci negli occhi». È questo l’obiettivo che vorremmo raggiungere!
"I giovani di oggi - prosegue Michela - hanno grandi «difficoltà a riconoscere e a descrivere le emozioni» a causa dei nuovi media che li abituano a «un linguaggio povero e non consentono loro di entrare fino in fondo in una relazione». E oggi che «le tecnologie sono un’estensione di noi stessi», molti altri sono i cambiamenti di natura antropologica da segnalare,… come «l’incapacità di avere una storia duratura, la diffusione di nuovi costumi sessuali, la tendenza ad avere relazioni ambigue o a non accettare i limiti di noi stessi e delle persone che amiamo»".
Con l’autore dell’articolo che rilancia una domanda di Don Mirilli, ci chiediamo: "Ma quale amore conta oggi?". "Un interrogativo che «esige un’unica risposta» in un tempo in cui «è facile con un click dire "mi piace" o "non mi piace" e si vive sull’onda delle sensazioni». L’amore autentico, ha ribadito con forza il presbitero, è quello «oblativo, che si offre, costruisce e progetta e sa fare delle rinunce». Un amore che va testimoniato ai giovani. Dai genitori innanzitutto, «che devono fare vivere ai figli l’esperienza di un amore grande»".
La rete che ogni famiglia è chiamata a tessere anche attraverso la narrazione di sé, la trasmissione dei valori, la coerenza di vita è dunque quella di un amore autentico che cerca il bene dell’altro, senza mai sentirsi sazio nella ricerca della felicità altrui, che getta nell’abisso dell’oblio risentimenti, perdonando di cuore, che sa testimoniare il rap porto misterioso che esiste tra la rinuncia e la gioia, tra il sacrificio e la dilatazione del cuore, che desidera solo servire con l’umiltà di una scopa, che cerca solo quello che Gesù vuole e più gradisce(cf. M. Speranza).
Al di là del mutare dei tempi e delle forme, credo che tutti sarebbero pronti a cliccare "mi piace" su un @more così!