Docenti di religione alla scoperta dei nativi digitali
di Raffaela Pingi
Nell’Auditorium del seminario maggiore, a settembre si è svolto un interessante corso di formazione e aggiornamento sul tema “Nuovi linguaggi e formazione globale della persona”. Il direttore dell’Ufficio Diocesano per la Pastorale Scolastica, don Salvatore Scalpellino, ha introdotto il seminario sottolineando l’importanza per tutti i docenti di aggiornarsi per un impegno concreto, personale e professionale.
La relazione introduttiva di Michela Pensavalli, psicologa e psicoterapeuta, si è incentrata su “Modelli culturali e il contesto storico-sociale: i nativi digitali ed immigrati digitali a confronto. Identità e ambiente costitutivo del nativo digitale”. Occorre porre attenzione alla rivoluzione digitale: la tecnologia, infatti, è diventata un’estensione della mente umana, un mondo che si intreccia con il mondo reale e che determina nuove strutture (cognitiva, emotiva e sociale) dell’esperienza, capace di rideterminare la costruzione dell’identità e delle relazioni. «I nativi digitali - spiega la psicologa - sono nati nel terzo millennio; sottoposti a profonde e precoci immersioni nella tecnologia digitale, vivono in comunità tecnoreferenziate e prevalentemente virtuali, nelle quali costruiscono autonomamente i percorsi del sapere e della conoscenza». Gli ”immigrati digitali” sono gli adulti che hanno dovuto capire e vivere questa digitalità.
La Pensavalli, riferendosi alle ricerche di Bauman, parla di “modernità liquida” dove i legami tra individui tendono a dissiparsi e disgregarsi. La liquefazione produce un individuo afflitto dalla solitudine, disorientato di fronte alla miriade di messaggi che lo invadono ogni giorno. Nella “società liquida” prevalgono una “cultura dell’adesso e della fretta”, una comunicazione virtuale caratterizzata da elevata velocità e un sostanziale anonimato, giochi d’identità, accesso a relazioni multiple, assenza di distinzione tra pubblico e privato, insorgenza di emozioni imprevedibili. In questo contesto la missionarietà verso i giovani consiste nel ritrovare entusiasmo nelle aule di scuola e in famiglia: restare accanto ai ragazzi non demonizzando ma cercando di capire perché necessitano di comunicare attraverso la rete. Bisogna, continua la psicologa, ascoltarli, entrare nei loro mondi, frequentare i loro linguaggi e nel contempo riprendere coscienza della nostra testimonianza ma anche potenziare la sperimentazione di itinerari di rieducazione cristiana da portare nelle associazioni e nelle famiglie.
Il vescovo Gennaro Pascarella ha rivolto una riflessione per tutti i docenti di religione, riferendosi all’anno della fede, che, iniziato l’11 ottobre dell’anno scorso, si è concluso il 24 novembre con la festa di Cristo Re. Monsignor Pascarella ha citato il Vangelo: «Credo, Signore, ma vieni in aiuto alla mia incredulità. Noi credenti facciamo esperienza di non credenza. Il cardinale Martini commentava che la parte di non credente dimora dentro di noi, là dove fede e non fede convivono. Il filosofo Nietzsche ha predicato la morte di Dio senza mai dimostrarne l’inesistenza, ma cosa sarebbe un mondo senza Dio se non vuoto di senso, buio? E’ proprio la fede che dà senso al nostro vivere e morire, un anno importante, dunque, per rinsaldare e rafforzare la propria fede».
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Tra famiglia e scuola
La psicologa Marabella Bruno è intervenuta nel secondo incontro con la relazione “Famiglia post-moderna e nuovi metodi educativi”: la relazione interpersonale, ha affermato, sembra essere sostituita da forme di tecnomediazione. I ragazzi non hanno come riferimento la comunità degli adulti, perché vivono in comunità tecnoreferenziate e prevalentemente virtuali, nelle quali costruiscono autonomamente i percorsi del sapere e delle conoscenze. «L’ambiguità e la fluidità dell’identità calca la crisi della relazione familiare che è la prima struttura di base della nostra società». Spesso si assiste al silenzio degli adulti e allo smarrimento dei figli, definiti “orfani di maestri”. Si pone il problema dell’emergenza educativa nel riscoprire il valore della relazione attraverso la riscoperta del narrare se stessi, la vita della famiglia e della società, trasmettendo valori e visioni dell’esistenza, in un coinvolgimento empatico. Agli adulti si richiede la capacità di essere coerenti e responsabili, di essere significativi ed affascinanti, di poter gestire il vuoto e il silenzio. Nel terzo giorno di corso è intervenuta Claudia Tardugno, psicologa, sul tema “Quale scuola e quale docente di religione cattolica:professionalità e nuove competenze”. I ragazzi riescono, ha affermato, a fare più cose contemporaneamente: studiano mentre ascoltano musica e chattano sui social networks. La scuola oggi ha un compito difficile, la relazione educativa che prende corpo all’interno del sistema scolastico è di certo tra le più importanti che ogni persona fa nel suo percorso di vita. I docenti sono chiamati ad integrare la loro modalità comunicativa e interrelazionale con quella della nuova generazione. Nell’azione educativa è importante aiutare i ragazzi a creare un’apertura di integrazione con gli altri, ma soprattutto trasmettere valori in una relazione autentica. E non ha caso ha ricordato Paulo Coelho: «Possiamo avere tutti i mezzi di comunicazione del mondo, ma niente, assolutamente niente, sostituisce la sguardo dell’essere umano».