Lo psichiatra Tonino Cantelmi mette in luce i problemi per la professione. Sottolinea come in Europa si diffonda "una 'Dio-fobia', una sorta di discriminazione, rifiuto, avversione verso ciò che è religioso". E ancora: "In nome di una tolleranza a 360 gradi si cela un pericoloso assolutismo"
di Giovanna Pasqualin Traversa
Slitta a settembre, dopo un dibattito apertosi e conclusosi in un’Aula di Montecitorio semideserta, il voto del disegno di legge per il contrasto all’omofobia e alla transfobia, testo unificato licenziato dalla Commissione Giustizia. Sarà la Conferenza dei capigruppo a definire, il 5 settembre, il calendario dei lavori. Introducendo il nuovo reato di omofobia e transfobia, la proposta prevede pene carcerarie e una sorta di “rieducazione” per chi si macchi di “reati di opinione” contro l’omosessualità, con gravi ripercussioni su diritti riconosciuti dalla nostra Costituzione come il diritto alla libertà di pensiero (art.21) e alla libertà religiosa (art.19). Nel dibattito accesosi in queste settimane, i cattolici vengono accusati di oscurantismo e di omofobia. Perché? Ne abbiamo parlato con Tonino Cantelmi, presidente dell’Associazione italiana psicologi e psichiatri cattolici.
Perché non possiamo accettare, come cattolici, l'accusa di bigottismo, intolleranza, omofobia? Ma poi che cosa è esattamente l’omofobia?
“È la paura e l’avversione irrazionale nei confronti dell’omosessualità e delle persone Lgbt (lesbian, gay, bisex e transgender, ndr), in parte basata su pregiudizi e in parte riferibile a meccanismi psicologici di rifiuto. Nel complesso questo genera comportamenti avversi alle persone omosessuali, ma occorre riconoscere che nelle comunità cristiane l’accoglienza delle persone omosessuali è una realtà ormai consolidata. L’omofobia non riguarda la prassi di vita delle nostre comunità, dove al contrario è presente un’importante dimensione ‘inclusiva’ delle persone. Direi anzi che proprio al vissuto di fede delle persone è significativamente correlata la capacità di tolleranza e accoglienza di ogni tipo di diversità”.
Perché, allora, alcuni tendono a “confondere” il magistero della Chiesa - secondo il quale la pratica dell'omosessualità è una forma di disordine morale - con il disprezzo, la discriminazione, quando non anche l'istigazione all'odio verso le persone gay?
“Probabilmente nasce tutto da un equivoco. L’omofobia può essere riferita ad una accezione discriminativa, ma, come ho già detto, nella realtà e nella prassi delle comunità cristiane questo fenomeno discriminatorio è meno significativo che in gran parte della società. C’è tuttavia una tendenza a considerare omofobo qualsiasi ‘giudizio’ sull’omosessualità che non sia corrispondente alla versione gay dell’omosessualità. Questa accezione dell’omofobia porterebbe a trasformare qualunque ‘prospettiva morale’ in una versione omofoba. Un equivoco che produce una confusione micidiale” .
Con questa proposta di legge in Italia, e con le analoghe leggi già approvate in altri Paesi Ue (Inghilterra, Francia, Spagna), non c'è il rischio che in Europa si stia diffondendo, e paradossalmente proprio in nome di una presunta società pluralista e tollerante, una cultura della discriminazione "al contrario" verso i cristiani, e in generale verso chiunque voglia comportarsi in modo coerente con i principi della propria fede?
“Oggi stiamo assistendo alla ‘Dio-fobia’, cioè ad una sorta di discriminazione, rifiuto, avversione verso ciò che è religioso. È un fenomeno successivo e conseguente al cosiddetto ‘orgoglio ateo’; una sorta di attiva e pregiudizievole discriminazione verso il religioso e le persone religiose. La tolleranza verso tutto si trasforma paradossalmente in una ‘Dio-fobia’; in realtà è rifiuto e disprezzo di ciò che è proposto come assoluto, in omaggio a una sorta di delirio relativistico. Il rischio nascosto nel disegno di legge sull’omofobia è proprio questo: dietro il nome di una tolleranza a 360 gradi si cela un pericoloso assolutismo, quello del pensiero dominante. Si tratta di equilibri delicati che richiederebbero, a mio parere, una riflessione meno banale di quella che in questo momento sta facendo il Parlamento”.
Cattolico impegnato e psichiatra. Nello specifico, quali ricadute potrebbe avere questa legge sullo svolgimento della sua professione?
“Vi sono alcune condizioni, legate all'orientamento sessuale, di interesse clinico, come ad esempio l'orientamento sessuale egodistonico o problematiche di disagio adolescenziale collegate, o ancora incertezze identitarie connesse a problematiche traumatiche o infine alla richiesta di persone bisessuali di indagare la loro condizione. Nella sua attuale formulazione, questa legge potrebbe impedire un approccio clinico-terapeutico, ledendo la libertà di cura del medico e dello psicologo (fatte salve le prescrizioni già previste nell'ordinamento deontologico delle professioni interessate), e soprattutto del paziente stesso. Qualunque intervento valutativo o critico potrebbe infatti configurare il reato di omofobia. La ricerca clinica, inoltre, ne sarebbe gravemente limitata: uno studio clinico che intendesse, ad esempio, rilevare il disagio emotivo di figli adottati da coppie omoparentali potrebbe essere tacciato di omofobia. Dall’analisi di questo ddl si evincono quindi, a mio parere, anche gravi questioni inerenti la libertà costituzionale di cura, ricerca e insegnamento”.
“Vi sono alcune condizioni, legate all'orientamento sessuale, di interesse clinico, come ad esempio l'orientamento sessuale egodistonico o problematiche di disagio adolescenziale collegate, o ancora incertezze identitarie connesse a problematiche traumatiche o infine alla richiesta di persone bisessuali di indagare la loro condizione. Nella sua attuale formulazione, questa legge potrebbe impedire un approccio clinico-terapeutico, ledendo la libertà di cura del medico e dello psicologo (fatte salve le prescrizioni già previste nell'ordinamento deontologico delle professioni interessate), e soprattutto del paziente stesso. Qualunque intervento valutativo o critico potrebbe infatti configurare il reato di omofobia. La ricerca clinica, inoltre, ne sarebbe gravemente limitata: uno studio clinico che intendesse, ad esempio, rilevare il disagio emotivo di figli adottati da coppie omoparentali potrebbe essere tacciato di omofobia. Dall’analisi di questo ddl si evincono quindi, a mio parere, anche gravi questioni inerenti la libertà costituzionale di cura, ricerca e insegnamento”.